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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 14 OTTOBRE 2000


C'è stato un periodo all'interno dell'università in cui, pur non consentendo il raggiungimento dei livelli alti di carriera, si sono aperti degli spazi: diciamo che una generazione si è infilata e sotto un certo aspetto è riuscita ad utilizzare l'università da una parte come momento di formazione di una soggettività intellettuale, dall'altra parte è riuscita comunque a produrre delle forme di sapere che, pur nell'ambiguità, nel senso che venivano costruite all'interno di un'istituzione e con gli spazi che c'erano, potevano essere utilizzate anche all'esterno. Questo bene o male ha permesso la formazione di un certo tipo di soggettività, perché da una parte c'è la soggettività politica, quella di chi la realizza nella forma dell'esperienza all'interno della lotta, della militanza ecc., che però ti forma un sapere anche altro che è particolare, molto più legato all'intervento specifico, sia esso politico o sociale; dall'altra parte la possibilità di riflettere su questa cosa qui bene o male è sempre stata di persone che fanno questo come mestiere. Quindi, al posto di lavorare ad esempio per l'ordinario o per l'impresa se sei in determinate facoltà, avevi uno spazio per cui se eri politicamente orientato lo potevi utilizzare in questo senso. In questo dicevo che c'è stato un periodo diverso all'interno dell'università e che adesso si è di nuovo chiuso. Dobbiamo porci il problema oltre che di come si può formare una soggettività (e lì già abbiamo un esempio di come nel bene o nel male si è formata negli anni passati), anche di come si forma un sapere che comunque informa questa soggettività. Allora, le stesse cose che poi sono state utilizzate dal movimento come discorso di sapere e di teoria poi riutilizzabile anche nell'immediato, nel concreto o nella prospettiva progettuale, se si guarda bene poi sono state in grosso modo elaborate all'interno di alcuni ambiti, il più grande è l'università, altri possono essere stati le forme organizzative, alcuni aspetti del sindacato ecc. Se si fa un discorso riferito all'Italia o, più in generale, su un livello internazionale, bisogna andare a vedere chi ha costruito questi punti di vista che poi sono stati fatti propri dal movimento, o meglio le lotte hanno fatto da committenti per cui spingevano anche per andare in una certa direzione; questo secondo me potrebbe essere un elemento su cui riflettere, perché è vero che questi spazi si sono chiusi in termini abbastanza grossi o comunque, anche se non si sono chiusi, sono diventati delle nicchie che non hanno più quella rete di comunicazione che avevano prima.

Però, è stupefacente che i meccanismi degli accordi di potere universitari non siano stati minimamente intaccati. La carriera (la chiamo così perché non ha un altro nome), che vuol dire anche potere promuovere altre persone, dare loro spazi, prendere delle effettive decisioni, anche nei momenti migliori non è stata decisa da altro che da quelle stesse logiche. Il caso di Toni Negri non è secondario, se questi avesse fatto non dico l'operaio ma persino il burocrate, l'impiegato in un'impresa, avrebbe fatto una bruttissima fine, ma non perché fosse a capo delle Brigate Rosse ovviamente, ma perché i suoi comportamenti politici lo avrebbero messo in cattivissima luce. L'università gli ha dato spazio ma non perché fosse un posto libero, ma perché se tu sei allievo di certe persone la situazione è quella. Lui era un uomo geniale, intelligentissimo, faceva delle cose straordinarie, ha scritto dei saggi sul pensiero politico hegeliano o spinoziano o sul giusnaturalismo straordinari; i vecchi "baroni" (Toni Negri era di una generazione precedente la nostra, forse ancora più selettiva) badavano anche di più alle qualità intellettuali, al rigore, alla ricchezza delle letture ecc. Però, era l'avallo, era il suo maestro che lo proteggeva, non era il movimento, e questo è sconcertante. Questo vuol dire che, come in altri campi, una generazione è arrivata a ostacolare dei meccanismi ma il potere di decidere veramente non l'ha mai avuto, esattamente come i 61 neanche noi; ripeto, per carità, ciò senza nessun dramma, perché poi alla fine sono cose in cui non ci sono morti e feriti, non ci sono licenziati, non ci sono forme di mobbing. Per esempio, è vero che l'età media molto elevata dei ricercatori della mia generazione è dovuta a questo, perché si è chiuso il collo si bottiglia; tanti dicono che è gente che non fa niente: non è vero, sono persone che non hanno voglia di entrare, di fare quelle 30 telefonate.

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