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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 14 OTTOBRE 2000


Quindi, lo studente è diventato davvero cliente. Non credo di esagerare: mi sto chiedendo, mentre parlo, se sto esagerando ma direi di no. C'è un timore da parte dei docenti di affaticare troppo lo studente, di imporgli per esempio letture, un linguaggio che non gli appartenga: non è più possibile neanche lontanamente mettere in collegamento la ricerca specialistica con la didattica. Mentre con le unghie e con i denti è ancora possibile ricavarsi degli spazi per studiare, per fare le ricerche che uno vuole, invece comunicare anche passione agli studenti è molto difficile. Io ho l'impressione che oggi nell'università non ci sia assolutamente più (ad eccezione di alcune grandi università come Milano e come Roma dove c'è tutto e quindi c'è anche questo) quella contaminazione tra esterno ed interno che invece è stata un'esperienza non solo di quando noi facevamo l'università, ma anche delle persone che adesso hanno 30-35 anni. Bergamo, dove insegno io, è una situazione particolare, però la vedo riproporsi in tantissimi casi, l'università costa anche di più, nessuno vuole più che sia un'area di parcheggio, costa, quindi va messa in funzione produttivamente, il sistema dei crediti impone di quantificare molto i carichi di studio. Io credo che l'eliminazione della vecchia tesi non sia una cosa cattiva perché le tesi fatte dalla maggior parte degli studenti non erano fatte con un interesse; però, a parte questo, il sistema dei crediti impone una specie di autorepressione sull'offerta. Se allo studente medio dai un'indicazione bibliografica si spaventa perché pensa che gliela vuoi poi chiedere, allora io dico: "No, per carità, poi se a voi questo tema interessa e tra due anni volete approfondirlo vi ho dato questa indicazione bibliografica". Inoltre, poi (e questo non c'entra con la riforma), mentre anni fa c'era una specie di fascia comune di linguaggio politico e culturale che circolava, adesso non è più così; quindi, non puoi dare assolutamente niente per scontato, per questo c'è una gran fatica ad insegnare, se tu dici giacobinismo sembrerebbe ovvio il fatto che più o meno sappiano, invece tu non lo devi dare per scontato che lo sappiano e non devi neanche dirgli di fare uno sforzo per sapere. Non puoi dire: "Guardate che non essere pedagogico-infantili è un servizio che io faccio alla vostra libertà, quindi approfittate di questo momento libero che è l'università prima di entrare nel mercato del lavoro, per fare delle esperienze e delle avventure intellettuali che comportano anche il fare da soli certe ricerche": no, perché questo li tarperebbe. Sarebbe quasi gradita la dispensa, non arriviamo a tal punto, però insomma un arco di letture estremamente preciso, limitato. E' molto faticoso, è un continuo autocontrollo; poi naturalmente, siccome sono abbastanza rispettosi della gerarchia, tu puoi anche dir loro le cose più esplosive, anche abbastanza libere, purché tu sia molto molto analitica, cioè bisogna spiegare tutto in sostanza, perché tutto deve essere metabolizzato e rapidamente trasformato in credito. Quindi, non è un'operazione facile, ma non lo è ovviamente nemmeno (per chi ci credesse) quantificare i tempi di apprendimento, di lezione cosiddetta frontale, cioè dalla cattedra, e di lettura di testi; sono un po' gli stessi problemi che hanno affrontato quelli che andavano a ristrutturare le aziende editoriali, non è facile valutare la produttività di un redattore, alcuni ci hanno tentato ma non è esattamente come valutare la produzione di un pezzo di metallo. Tutta questa operazione viene fatta mentre la macchina va, quindi il rischio di un po' di confusione e di caos è inevitabile, non è questo il problema; ma gli spazi vengono sempre più ristretti sia per gli studenti che per i docenti. Però, ripeto, non mi sto lamentando. Anche perché ad esempio, nel corso del 2001,nella nuova Facoltà dove lavoro si sta creando un gruppo di studenti che ricomincia da zero: riscopre l'antifascismo, vuole commemorare la giornata della memoria, si interessa, magari se mi vede a un'iniziativa della Camera del Lavoro, che ricerche faccio per loro ecc. La presenza di un centro sociale in una città spesso è stimolo, veicolo di contenuti nuovi.

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