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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 14 OTTOBRE 2000


Victor Serge ha fatto delle descrizioni sul processo rivoluzionario in Russia e, forse perché era lì proprio nel momento, ha saputo cogliere una serie di passaggi che altri storici con molti più documenti e fonti non hanno colto. E anche lui non è mai stato patrimonio dell'area operaista.

E' probabile. Io da quando ho cominciato a fare il mestiere di storica mi pronuncio sempre di più su quello che posso avere realmente verificato; allora, non conosco il russo, non ho grandissime conoscenze di quello che è avvenuto in Unione Sovietica, certamente ne ho come lettrice, ma c'è tutta una serie di figure sicuramente interessanti. Ci sono questi francesi che vanno in Russia venendo dall'estrema sinistra sindacale e politica, e prima sono entusiasmati dal processo rivoluzionario; anche molti menscevichi non erano quei destracci che la vulgata vuole ma in alcune zone operaie erano estremamente radicati. I grandi dirigenti sono stati espulsi, alla fine della Guerra civile, ma è noto che Lenin ha consentito loro di partire perché alcuni di essi erano stati compagni amati, venerati o stimati comunque fino a poco prima del '17, e magari erano stimati e voluti bene anche dopo; Martov certamente Lenin non lo avrebbe volentieri fatto arrestare. Ma moltissimi quadri intermedi e di base sono rimasti perché hanno detto, come avrebbe detto qualunque di noi: "dissentiamo per molti aspetti ideologici, però ora siamo in un processo rivoluzionario, non perdiamo questa occasione e stiamoci dentro". Così hanno fatto tanti socialrivoluzionari, persone di origine, come in Europa, di una sinistra sociale e sindacale. Ma il problema è che la Terza Internazionale negli anni '30 era così forte che (per essere proprio molto banali) riusciva a spingere a destra anche quelli che erano usciti da sinistra; invece, Victor Serge sicuramente è riuscito a non entrare in questa dinamica, credo che sia un osservatore straordinario appunto perché in fondo è un narratore. A me ha sempre affascinato una faccenda che io conosco, lui era vicino agli ambienti della Banda Bonnot, nella quale agiva un militante che dava una parte dei proventi delle rapine al sindacato dei tipografi; sembrerebbe esserci stata fino a un certo punto una contiguità fra un socialismo di educazione, molto attento alla formazione culturale, e forme di estremo antagonismo, che Victor Serge ha sfiorato. Secondo me Victor Serge non ha fatto parte di questa panoplia culturale perché l'operaismo teorico ha sempre, se non nel caso della Di Leo, eluso il problema dell'Unione Sovietica; lì ti trovavi davanti a un intreccio tra ideologia e condizioni materiali di difficilissimo snodamento. Ci si voleva distinguere dal feticcio e dal culto delle reliquie leniniste e quindi in questo modo non si affrontavano nemmeno quel problema; era una scelta così parziale che la sua stessa creatività comportava delle ombre. Invece, Victor Serge è un testimone straordinario. Si potrebbe chiedere alla Di Leo, perché lei è stata proprio l'unica che ha cominciato a studiare in fondo gli operai russi e sovietici; siccome lì non te li facevano proprio studiare, non era possibile, le fonti potevano essere solo indirette. Noi conosciamo il Partito Comunista, conosciamo abbastanza bene la reazione del mondo rurale all'industrializzazione forzata; ma non sappiamo quasi niente della reazione operaia. Certamente c'è stata un'identificazione in parte, perché quando tu dici continuamente che gli operai sono al centro devi dare loro dei privilegi, anche se non certo in termini di organizzazione del lavoro; però un patto tra settori della classe operaia e lo stalinismo credo che la Di Leo abbia ragione a dire che c'è stato. Sicuramente avrà avuto contraddizioni, buchi, noi questo non lo sappiamo, sarebbe appassionante approfondirlo. Le cose di Victor Serge piuttosto hanno sempre verificato il quotidiano, cioè quello che succedeva nelle città; però, comunque lo ritengo prezioso, ci sono delle sue cose appassionanti, non so però chi ci aiuti veramente a capire. Io credo che anche un'analisi materialistica della composizione di classe dell'Unione Sovietica degli anni '30, '40 e '50 sia ancora da scrivere. Ovviamente, siccome adesso si parla solo dei delitti del comunismo, nessuno lo sta facendo o riesce addirittura a concepire che lo si possa fare; se anche i terremoti sono colpa di Stalin che era cattivo non è che si facciano passi avanti.

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