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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 14 OTTOBRE 2000


Ebbene, nonostante questo, quindi una paura che non era assolutamente astratta, se avessero votato solo le città industriali e operaie Hitler non avrebbe vinto, egli ha vinto grazie alle campagne, questo nel '34. Quindi, anche sul consenso operaio, sulla non resistenza, insomma, bisogna andarci cauti. Questa è una cosa che tu vedi anche se leggi il biografo di Hitler Joachim Fest, naturalmente lui non lo mette in luce, però basta leggerlo. Ecco, siamo alle solite: quando in un'opera tu dai molta documentazione poi dipende dal lettore che cosa trarne.
Comunque, io non mi sono più occupata di movimento operaio tedesco e avendo l'esigenza di motivare sempre quello che scrivo e non avendo dei rapporti così stretti con fonti tedesche non posso andare più a fondo nell'analisi, anche se sono sempre una lettrice interessata. Oggi probabilmente, se dovessi scrivere su questi argomenti, non condividerei un aspetto della storiografia di tradizione operaistica: il confinare l'antisemitismo a elemento relativamente marginale e ideologico dell'affermazione nazista: invece, l'antisemitismo è una delle componenti fondamentali del disarmo delle masse, come un po' il razzismo e la xenofobia offerti oggi a piene mani (il che non significa accettati) a tanti operai del nord come risposta protettiva e difensiva alla crisi delle certezze occupazionali e previdenziali. Malgrado il fatto che noi possiamo capire perché una persona che ha perso tutte le certezze si attacchi al razzismo, non dobbiamo per ciò stesso minimamente deflettere di un passo nel denunciare a lui per primo quanto il razzismo sia pericoloso per lui stesso, e soprattutto moralmente e culturalmente esiziale, non possiamo trascurare questa cosa che è palpabile. Qui a Milano c'è un alto livello di insofferenza, dove vivo io ci sono molti cinesi, poi però spesso arrivano i ragazzi senegalesi perché i cinesi hanno aperto molti negozi all'ingrosso di abbigliamento da vendere nei mercatini; quindi molti ragazzi senegalesi si forniscono qui per il loro commercio ambulante. Ora, questo [il quartiere Canonica-Bramante-Arena di Milano] è un quartiere tranquillissimo, anche perché i laboratori nocivi di lavoro nero non sono qui, sono in periferia estrema; qui in genere commerciano e abitano i membri più benestanti della comunità cinese; in fatti le case sono costose. Eppure tu avverti e senti dire da alcune persone il fastidio per il sentire parlare una lingua diversa: dà fastidio tantissimo non capire quello che viene detto. Questo lo senti dire sul tram, quindi è una cosa pesante, lo avverti come una prigione. Quel pensiero, quella mentalità è un ostacolo alla presa d'atto di qualsiasi altro elemento concreto della propria situazione, io lo trovo proprio terribile. Per carità, Milano non si identifica tutta con il vice-sindaco De Corato, ex missino, come la bergamasca non si identifica con Bossi; anzi, i bergamaschi non leghisti (naturalmente ce ne sono molti, per fortuna) dicono che lui non è di Bergamo ma è di Varese! Scherzosamente quindi si può dire che uno è localista e quindi è punito dal suo stesso localismo. Milano però ha assunto toni subculturali che un tempo si attribuivano alla Brianza, per molti aspetti è un paesone, altro che metropoli; è metropoli da un punto di vista di organizzazione del territorio, ma dal punto di vista culturale ormai no. Anzi, devo dire che io da qui vedo Torino come una situazione migliore, forse anche per il fascina della città, che è molto bella anche nelle sue durezze. Milano ha dei bellissimi posti, qui vicino c'è questa zona costruita da Napoleone; ma Milano non è mai stata la capitale di niente e siccome lo studio urbanistico e la costruzione della magnificenza civile è sempre voluta da un potere politico, qui la città è sempre cresciuta un pò' come capitava, al massimo si organizzavano dei quartieri ma non l'intera città. Questa zona qui dell'Arena e del Foro Bonaparte è l'unica che sia stata pensata come il centro di una capitale, e questo lo vedi, mentre Torino figurarsi, è tutta la capitale dei Savoia, quindi questo le conferisce una bellezza elegante e rigorosa; poi, per carità, può anche non significare niente, però se sei in una situazione socialmente deprimente, razzista e in più brutta è ancora peggio, mentre invece almeno se è bella un piccolissimo vantaggio c'è. Se Bergamo fosse architettonicamente come la periferia di Foggia (che è squallidissima), ci sarebbe proprio da spararsi, invece almeno è bellissima.

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