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INTERVISTA A BRUNELLO MANTELLI - 6 FEBBRAIO 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali figure di riferimento nell'ambito di tale percorso?


Io sono nato nel '48, per cui ho incominciato a ragionare e a uscire nell'infanzia all'inizio del '60. Ho un vaghissimo ricordo degli scioperi del luglio '60, tra l'altro io allora abitavo ad Alessandria, sono nato lì, mi sono trasferito a Torino fisso all'inizio degli anni '70, dopo un po' di pendolarismo universitario. Per cui la prima memoria che ho sono gli scioperi del '60, quelli per Tambroni. Abitavo in un quartiere di periferia, che era medio ma che aveva una serie di fabbriche, per cui dal mio balcone vedevo lo sciopero di una di queste fabbriche: avevo 12 anni e osservavo questa massa di operai radunati che si fronteggiavano con la polizia, non è successo nulla di particolare ad Alessandria, però io ho questa memoria. Come estrazione famigliare vengo da una piccolissima borghesia impiegatizia povera, con un padre impiegato di livello medio-basso in un'azienda privata, madre che un po' cuciva e un po' faceva lavori in giro, e dopo un po' ha cominciato a fare l'impiegata in una struttura assistenziale. La mia famiglia era sostanzialmente di orientamento moderato, era cioè una piccola borghesia di origine operaia ma che stava un po' salendo. Invece, i nonni erano da parte di mia madre socialisti, di estrazione socialista, nonna cappellaia e nonno calzaturiere, quindi cappellaia ad Alessandria voleva anche dire borsalino e un certo tipo di insediamento: dunque, erano socialisti-comunisti. Io non conobbi il nonno paterno perché morì di spagnola, era un macchinista ferroviere quindi rigorosamente socialista, che sposò però una giovane e bella cattolica. Dopo di che mio padre e mia madre votavano sostanzialmente Democrazia Cristiana, con litigio con i nonni materni che appunto erano rimasti socialisti in questo loro tipo di formazione. Ciò avveniva grosso modo dentro un clima di guerra fredda, con il problema da un lato di passaggio sociale e dall'altro, da parte di mia madre, come segno di rivalsa in quanto donna non venne fatta studiare, e quindi il suo essere moderata era anche una rivalsa verso i genitori socialisti ma ovviamente legati ad una serie di stereotipi per cui le donne non serviva che studiassero. Insomma, c'era questo backgound complicato.
Io ho cominciato a occuparmi di cose politiche dentro il movimento cattolico, quindi dentro la temperie conciliare sostanzialmente, dunque '63-'64-'65, quando ero giovanissimo. Mi ricordo che essendo cattolico mi iscrissi per sei mesi alla Federazione Giovanile DC, poi fui talmente schifato da uscirne e da non rinnovare più la tessera. Successivamente finii in un giro cattolico locale che cercava di fare un'attività politica che fosse fuori dagli schemi: banalmente, era l'unico gruppo cattolico in cui ci fossero ragazzi e ragazze, cosa oggi ovvia ma allora molto meno, e che cercava contatti con la sinistra, modi per discutere con essa. Tra l'altro chi lo mise in piedi è un giovane prete che poi riprese gli studi per finire nel '70 a Milano all'università, poi entrò in Avanguardia Operaia spretandosi, ebbe anche lui un percorso interessante, molto comune se si vuole per l'epoca. Da questo giro di cattolici in cui cercavamo di sviluppare un pensiero critico in qualche modo, rompendo una serie di barriere, avevamo una serie di riferimenti che erano i teorici del concilio, Teilhard De Chardin, non tanto Maritaine, il Garaudy prima della cura, quando rappresentava un pezzo di marxismo che sembrava aperto, prima che diventasse quello che poi è diventato. Da questo poi ci fu un passaggio abbastanza contiguo al PSIUP. Quindi, ci furono i primi tentativi di mettere in piedi come gruppo di giovani un movimento studentesco, però nella forma della dimensione rappresentativa, c'era stato il caso-Zanzara, il Parini di Milano ecc.; si cercò di mettere in piedi qualcosa in provincia, che non riuscì mai a fare granché più che altro perché c'era un po' la paura di organizzare azioni di lotta, sembrava di essere sempre troppo in pochi per muoversi. Però, in qualche modo si misero insieme un 30-40 studenti, liceali ma non solo, che poi giocarono anche un ruolo nel movimento studentesco dopo il '68, perché in genere era gente dei primi anni, quindi c'era un primo biennio organizzativo. Con poi un passaggio nel PSIUP direttamente, anche perché ai nostri occhi di gruppo di cattolici critici il PCI sembrava avere un po' i difetti della Chiesa, cioè monolitico, compatto, moderato.

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