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INTERVISTA A BRUNELLO MANTELLI - 6 FEBBRAIO 2001


In quel periodo, come in molti altri, avevo più che altro funzionato in realtà con un quadro politico in missione: stavo a Torino a seguire il dibattito lì, dopo di che metà del tempo lo passavo ad Alessandria ad organizzare il movimento, a costruire una dinamica che in realtà riproduceva dei modelli di militanti a tempo pieno: questo però avveniva nella pratica ma non nella teoria, noi la negavamo la figura dei militanti in quella fase come dimensione esistenziale, di fatto lo facevamo, leggendoci però come supporto in quanto il problema era di estendere il movimento, il che era un altro tipo di contraddizione interna da questo punto di vista. Ci fu una prima fase di sciopero e una seconda fase poi di occupazione, partita per caso, scuole occupate e il tentativo di trasformare le scuole in luoghi di discussione collettiva. Con una grossa diffidenza, che io condividevo molto, verso i partiti storici della sinistra: mi ricordo che lì venne una delegazione del PCI nella scuola che era un po' il centro del movimento, con alcuni esponenti scelti ovviamente tra i più aperti e i più critici, e poi la sezione ferrovieri, che era un posto di lavoratori di sinistra; noi ci rifiutammo di parlare con loro, "vi cercheremo noi, le cose devono restare separate, voi siete un'organizzazione politica e noi siamo un movimento", allora c'era questa diffidenza molto forte. Il passaggio successivo fu quello appunto dell'avvio delle lotte operaie a Torino e poi della costituzione di Lotta Continua a Torino, che io vissi praticamente fin dall'inizio, con l'arrivo a Torino di Sofri. Di fatto Sofri non fu sempre amatissimo a Torino, adesso è in galera ed ovviamente è un altro discorso, però rispetto ad una serie di quadri che si sono formati a Torino lui era un personaggio che non riscuoteva ampie simpatie, i riferimenti comunque erano altri. Ci fu la prima fase di Lotta Continua come movimento unitario che interveniva alle porte, poi la rottura con il Potere Operaio veneto-emiliano, tra Sofri e Viale da una parte e Vesce e Daghini dall'altra. Io avevo 21 anni, comunque il motivo per cui sono stato con Lotta Continua era da un lato che c'erano legami molto più forti, dall'altro c'era di nuovo questa dimensione della sovrapposizione a un certo punto di un livello bolscevico (o presunto tale) al movimento, cosa che continuava a piacermi fino a un certo punto. Quindi, questo movimentismo di Lotta Continua (che poi ovviamente si è tradotto in leaderismo senza controlli in altre fasi) mi affascinava di più rispetto al discorso che il partito piega gli obiettivi, anche il partito come tattica mi lasciava perplesso.


Tra il movimento studentesco e la costruzione di Lotta Continua c'è il periodo intermedio dell'assemblea operai-studenti.


Che però usava Lotta Continua come sigla.


E c'era il giornale La Classe.


Il giornale La Classe era arrivato da fuori, da Vesce e gli altri, qui a Torino avevano una serie di riferimenti precisi.


Occasionalmente vi collaborò anche Viale?


Viale aveva fatto nella fase intermedia un passaggio in Servire il Popolo che gli tirò lazzi e frizzi da parte di alcuni di noi; però, il giornale Lotta Continua uscì molto dopo.


Ci sono stati due convegni in mezzo, quello da cui è nata la spaccatura effettiva è quello del luglio del '69 al palazzetto dello sport.


La rottura effettiva è avvenuta una notte in via Passobuole.

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