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INTERVISTA A BRUNELLO MANTELLI - 6 FEBBRAIO 2001


Tra l'altro in quel momento il movimento studentesco si è schierato politicamente per scegliere la linea della propaganda a scheda bianca: c'erano le elezioni del '68 e dopo varie spaccature in quella fase era emersa la linea che io allora condividevo. C'erano sostanzialmente i due pezzi FGCI e il pezzo di FGCI che poi sarebbe diventato Potere Operaio che allora premevano per un rapporto organico con la CGIL, puntavano anche a un referendum; poi c'era tutta una parte che invece era più movimentista e che comprendeva personaggi con varie affiliazioni ideologiche di sinistra, cattolici critici, valdesi ecc., c'era un'aggregazione movimentista che diceva no al voto, una posizione classicamente anarchica, "non è il voto che decide" ecc. Questa cosa poi non venne realizzata proprio per l'impatto degli arresti, che misero fuori gioco per un paio di mesi il gruppo dirigente, che non fece quel che volle. Sostanzialmente abbiamo votato, io lo feci dove c'erano candidati della sinistra del PSIUP, che infatti ebbe non a caso in quelle elezioni un grosso balzo, poi immediatamente mangiato nel '72. Questa decisione era dovuta non tanto per quel che era ma per lo spazio che offriva, questo è importante: lo PSIUP allora era diretto da Rostagno a Trento, da personaggi come Bobbio a Torino che era nel movimento ma era iscritto, quindi aveva questo spazio. L'anno successivo in realtà per tutta la prima parte facemmo un grosso lavoro in provincia, che provocò l'espandersi del movimento studentesco a macchia d'olio, attraverso la mediazione di strutture come ad Ivrea, ad esempio, era il circolo "Camillo Torres", messo in piedi da Giovanni Maggia, che attualmente fa l'economista ed è stato anche sindaco di Ivrea; ad Alessandria c'era il circolo "Democrazia Diretta" messo in piedi da me e da altri compagni. Tra l'altro ad Alessandria tra gli universitari c'era un pezzo di torinesi, cioè io e altri 4 o 5 che hanno fatto esperienze di movimento qui a Torino, e un pezzo di genovesi (per motivi banalmente geografici), che erano legati all'esperienza del frammento genovese di Classe Operaia, quindi Faina e Della Casa sostanzialmente: loro avevano una linea più fortemente operaista e meno interessata al movimento studentesco, dicendo "questi fanno dei botti, però poi l'importante è la classe operaia". O qualche milanese che, per motivi geografici, aveva legami o con il Movimento Studentesco di Capanna o con pezzi di ex gruppi che stavano rapidamente riciclandosi. Tanto è vero che l'anno successivo, a movimento studentesco medio avviato, quando poi ci furono le precipitazioni organizzative verso i gruppi, ci fu un tentativo di dar vita a Potere Operaio fallito, uno di dar vita a Servire il Popolo riuscito in modo limitato, e poi uno di dar vita a Lotta Continua che appunto fu quello maggioritario proprio perché c'era l'influsso torinese in qualche modo. Quindi, c'era il movimento studentesco, grosso modo con una serie di obiettivi che erano quelli di Torino più o meno, autorganizzazione, diritto all'assemblea, riorganizzazione della didattica ecc., e che di nuovo ricostruì per un po' di tempo la struttura del gruppo in fusione. Fu dichiarato uno sciopero il 7 novembre, data fatidica in realtà scelta perché il nostro quadro più bravo aveva un compito in classe che voleva evitare, quindi la coincidenza era assolutamente casuale: però ha funzionato anche quello, e ci siamo trovati con 5.000 studenti, tutti gli studenti medi della città (comprese le ragazzine delle magistrali che non avevano mai fatto nulla) in piazza disposti a gridare qualunque cosa, era proprio una dimensione di rottura, cioè una cosa che nessuno avrebbe fatto. Infatti, primo giorno sciopero e manifestazione, il secondo giorno il problema era che poi la cosa continuava e noi non sapevamo più bene cosa fare di questa massa che voleva andare in piazza a liberarsi in qualche modo. Tant'è vero che il terzo giorno, dopo aver fatto per due giorni cortei, abbiamo detto "dobbiamo trovare degli spazi in cui far reagire la gente insieme, farla discutere, la maniera per cui tra questi qui che sono 5.000 e noi che siamo 50 ci sia una circolazione di idee". Allora, praticamente invademmo gli spazi pubblici di strutture con cui avevamo rapporto: la CISL, che di nuovo attraverso la FIM era quella più disponibile, diretta da ex operai licenziati di matrice cattolica liberatisi, la CGIL, un paio di parrocchie dove c'erano parroci amici nostri, insomma dovunque c'erano posti dove stare in 200 abbiamo portato degli strumenti e abbiamo fatto assemblee. C'era un impatto maggiore, come sempre, in una città piccola che in una città grande, perché era elemento di rottura. A un certo punto tutti i partiti dicevano "gli studenti hanno ragione", compresa la Democrazia Cristiana.

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