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INTERVISTA A BRUNELLO MANTELLI - 6 FEBBRAIO 2001


Questo fu quello che conoscemmo come elemento significativo del '68, dopo di che immediatamente si presentò il problema di che fare l'anno dopo. Era chiaro che a quel punto la dimensione di movimento o si coagulava in qualcosa o una volta trovate alcune quadre rispetto ai problemi interni all'università rischiava poi di disperdersi. Ci fu allora il tentativo messo in piedi da Guido Viale di fare a Torino una sezione del Potere Operaio pisano, con appunto Giovanni Vettori che poi finì a dirigere la biblioteca "Gioele Solari", Aldo Grassellini detto Bellarmino, che attualmente fa l'insegnante di matematica e gira ancora per gruppi o gruppetti radicali di sinistra. Ci fu dunque questo tentativo di Viale che non ebbe grossi successi, però fu in qualche modo significativo perché cominciò a stabilire un legame Torino-Pisa da cui poi sarebbe nata Lotta Continua sostanzialmente: l'idea era "bisogna creare qualcosa di organizzato che non sia però il partito". E poi c'è tutto il terreno della provincia, quello degli studenti medi su cui intervenire, e poi c'è in prospettiva il problema del contratto. Ci fu una strana estate di pausa in cui in Italia sembrava fermarsi tutto, in Francia il maggio è iniziato dopo ed è durato poco: non a caso io sono andato a Parigi in autostop cercando di capire cosa stava capitando, ho capito ben poco perché ormai la situazione era un po' smontata. Già dal '68 quelli di noi che avevano origini provinciali hanno cercato di mettere in piedi gli studenti medi con l'obiettivo di portare i contenuti del movimento studentesco in periferia. C'è poi un episodio abbastanza autobiografico, capitò durante la terza occupazione di Palazzo Campana, quella votata e che si sarebbe conclusa con un intervento poliziesco e con i mandati di cattura. A un certo punto in quella sede ci siamo trovati una cinquantina di notte a discutere il da farsi, arriva una telefonata da La Gazzetta del Popolo, in quanto la stampa torinese è ben noto che era divisa in due: La Stampa giornale era ferocemente antimovimento, sembravano veramente le strofe di Petrangeli in "Contessa", fanno il libero amore, si drogano, sono sovversivi ecc.; La Gazzetta del Popolo era in mano allora a un polo democristiano di sinistra legato all'area di Donat Cattin, con alcuni cattolici critici, sostanzialmente appoggiavano il movimento, alcuni proprio ci passavano le informazioni. Eravamo a febbario-marzo del '68 e a un certo punto arriva una telefonata da La gazzetta e ci dicono: "guardate che questa volta arrivano, intervengono in piena notte e hanno l'ordine di arrestare". Al che discutiamo il da farsi e prevale tra i presenti l'idea di andarsene di notte, chiudendo tutto da un passaggio; rimaniamo per ultimi io e Marco Buttino che con un trucco di leve, rulli e carrucole facciamo chiudere la porta, dopo di che alcuni se ne vanno a casa alle due di notte (a quanto sapevamo la polizia sarebbe arrivata alle quattro), e così tra l'altro scampano, altri (che erano fuorisede) decidono di andare ai Quaderni Rossi, alla sede di via Bligny, e cominciano a discutere. A quel punto lì comincia un'autocritica complicata di Guido Viale che dice "però abbiamo fatto male, non dovevamo andarcene via" (lui voleva rimanere, era stato messo in minoranza), "perché noi avevamo una fiducia di chi ha votato l'occupazione": insomma, ci ha convinti e siamo tornati in 15, perché gli altri se ne erano andati. Rientriamo, ci facciamo identificare tutti, dopo di che dopo 15 giorni sarebbero scattati i mandati di cattura. Io tra l'altro quel giorno ero proprio ad Alessandria ad organizzare una riunione con gli studenti, eravamo in una sala comunale concessa, arrivano due poliziotti, noi chiediamo loro cosa vogliano, quella era una sala concessa e loro se ne vanno. Io poi vado a casa, pranzo con i miei, li saluto e me ne vado alle 9, e alle 9 e mezza arriva la polizia a casa che mi cerca. Io non so niente, arrivo a Torino e vado ai Quaderni Rossi (tra l'altro Viale abitava lì vicino) e un compagno mi dice di non entrare perché cercavano Guido e altri; mi allontano, la polizia comincia a chiedere i documenti e io a quel punto mi sposto, e a me non li hanno chiesti. Dopo di che telefono a casa e mia madre mi dice "guarda che ti hanno cercato, non telefonare", in quanto aveva capito la situazione. Io finisco ospite di compagni, attraverso una serie di giri abbastanza divertenti prima finisco a casa di un operaio PSIUP iperfidato. Intanto non avevano preso nessuno, a parte Federico Vanzina che aveva voluto farsi prendere, per spirito di martirio fondamentalmente. Io sto lì ovviamente con l'indicazione di non far nessun casino, dopo esser passato per la casa della moglie di un accademico: un giorno sentiamo suonare, arriva una signorina molto elegante che era l'attendente del magistrato della Repubblica che allora lavorava nello studio di Ugo Spagnoli e che mi dice: "allora, tu pigli un autobus e te ne vai a Modena", e sono finito a casa dei genitori del vicesindaco di Modena. Questo perché, al di là delle polemiche e dei conflitti, funzionavano una serie di reti. Quindi, sono rimasto per 15 giorni lì, più o meno camuffato, cercando poi qualche contatto con studenti medi che stavano facendo casino e cercando di buttare loro qualche idea. Poi ci richiamarono e finii una settimana alle Nuove.

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