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INTERVISTA A BRUNELLO MANTELLI - 6 FEBBRAIO 2001


Rispetto al '68 tra gli intervistati c'è chi, come già detto, lo analizza quasi esclusivamente come un processo di modernizzazione capitalistica. Invece, tra i quadri politici che vi intervenirono da una parte ci fu chi, come già dicevi tu, cercò di spostare gli studenti di fronte ai cancelli delle fabbriche, e dall'altra chi diceva che ciò rischiava di rispondere in parte ad una mitologia ideologica e avrebbe portato il movimento su binari completamente diversi da quelli in cui era nato, impedendone lo sviluppo sui terreni dell'università e della formazione che allora cominciavano ad entrare in una fase di ridefinizione. Come analizzi oggi ricchezze e limiti di queste posizioni?


Io credo che sostanzialmente il problema di fondo fosse che in quel momento lì non è che tu potessi pensare "sviluppiamoci e poi ci rapportiamo dopo al movimento operaio", il problema era proprio cosa facevi in quel momento lì. Di fatto mi sembrava che l'alternativa fosse "puntiamo al rapporto con il movimento operaio con un movimento" oppure no, perché poi appunto c'era chi voleva rapportarsi con il movimento e chi voleva farlo come gruppetto che aveva rapporto con il movimento e che però resta autonomo. Il problema era o stabiliamo un rapporto con gli operai più che con il movimento operaio, tanto per essere chiari, o di fatto non lo stabiliamo. Questa credo che fosse l'alternativa, anche perché poi tra l'altro la linea che ha prevalso, che era quella "stabiliamo un rapporto con gli operai" (parlo del 68, e però stabilì un terreno anche nel '69), non era assolutamente antagonista all'idea "andiamo per allargare il movimento ad altri settori studenteschi o ad altri settori sociali se è possibile arrivarci": non erano posizioni antagoniste. Di fatto il problema era "interveniamo o no", cioè di fondo credo che effettivamente la cosa sia stata espressa con molta chiarezza dai milanesi quando hanno detto "noi siamo il movimento dei ceti medi e quindi a questo punto ci alleiamo con la classe operaia, dopo di che puntiamo ad egemonizzare quelli": credo che l'alternativa reale fosse di fatto quella, non fosse un gradualismo. Tenuto conto che poi era un movimento fortemente antigradualista, nel senso che diceva che i salti di coscienza sono possibili, anzi proprio la logica era quella della lotta che li trasforma. Proprio l'esperienza della provincia fece sì che, diversamente da Torino, molto spesso ci fu una pressione non solo e non tanto degli studenti che andavano davanti alle fabbriche, ma anche di quei pezzi di sindacalismo radicale, in genere cislino, FIM, ma non solo, talvolta anche FIOM, in situazioni in cui il sindacato non aveva la forza di organizzare i picchetti e gli interventi per conto proprio. Tanto è vero che l'intervento poi degli studenti e per certi versi anche della prima Lotta Continua, quella che, dove era sola, quasi si confondeva con il movimento (sto parlando della provincia del Piemonte evidentemente), di fatto si sovrappose al sindacato. Per fare un esempio, mi ricordo che c'era una fabbrica in cui il sindacato non era mai entrato e dove c'era uno sciopero per il contratto dei metalmeccanici, a un certo punto decidiamo di intervenire come movimento studentesco: andiamo a fare un picchetto in 150, c'erano 200 operai (tra l'altro metà donne). Questa roba fa esplodere tutto, con un filo tacito con la FIM, dopo di che un gruppo di operai viene da noi e ci dice "a questo punto che abbiamo scioperato, cosa facciamo?", e noi abbiamo detto "organizzatevi", poi ci siamo guardati e abbiamo detto "adesso andiamo insieme alla FIM perché non possiamo mica essere noi il vostro riferimento, il movimento sì, però ci sono dei problemi a livello organizzativo". Queste cose poi non le dicevi a Torino perché se no passavi per uno di destra, c'era questo problema del rapporto tra zone arretrate e zone avanzate che era un problema enorme. Per esempio, quando venivi a Torino a presentare i tuoi operai della provincia come avanguardie autonome, poi in realtà erano tutti delegati del sindacato, perché se tu stai a Cuneo o stai ad Ivrea non è che puoi dire "no al consiglio di fabbrica", ci stai dentro.

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