>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> Giudizio politico su Classe Operaia
(pag. 2)

> Classe Operaia e formazione di soggettività
(pag. 3)

> General intellect e controsoggettività
(pag. 5)

> Ambivalenza delle tecnologie e potenziale controuso
(pag. 8)

> Limiti e ricchezze dell'operaismo, nodi aperti nel presente
(pag. 9)

> Lenin: un "cane morto"?
(pag. 10)

> Percorsi successivi a Classe Operaia
(pag. 10)

INTERVISTA A ENRICO LIVRAGHI - 7 SETTEMBRE 2000
Scarica
l'intervista
in doc


Scarica
l'intervista
in rtf


...Quando nel '68 o nel '69 ci fu il convegno di Bologna e Tronti disse che bisognava riprendere la mediazione politica, era un invito a ri-dialogare con il PCI e addirittura ad entrarvi, a fare una sorta di entrismo che sembrava tradurre, secondo noi, la tesi trontiana dell'essere dentro e contro. Tenendo ben presente che eravamo ancora giovani e con le idee un po' appannate, alcuni sono entrati nel Partito Comunista ed io sono stato uno di quelli: la peggiore esperienza della mia vita politica, però anche un'esperienza che mi ha permesso di capire un mucchio di cose rispetto al movimento comunista storico, classicamente inteso come terzinternazionalista, cose che non avrei capito se fossi rimasto fuori. Ciò mentre altri facevano Potere Operaio. Naturalmente questo non ha chiuso allora né i rapporti né il dialogo né la comunicazione, sia ben chiaro: secondo me non li ha chiusi né fra Tronti e altri compagni eminenti, né fra i semplici militanti. La matrice era l'operaismo. Dopo un po' che noi eravamo entrati nel partito abbiamo realizzato che non si capiva bene che cosa stessimo a fare, per cui ce ne siamo andati. Però, questa esperienza interna al PCI a me è servita per capire cos'era l'operaismo pre-operaista (io definisco così l'operaismo comunista tradizionale, legato alla figura dell'operaio di mestiere) e per marcare la sua lontananza irrimediabile dall'esperienza neo-operaista di Quaderni Rossi e soprattutto di Classe Operaia, che nasceva nella fase calante del fordismo. Perché il discorso è quello: lì si trattava della fase calante del fordismo, eravamo negli anni '60 e nessuno sembrava accorgersi allora che il fordismo stava andando verso la sua Aufebung come direbbe oggi Toni Negri (è la cosa più curiosa, e forse più incontrollata, che ha detto di recente).


Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e i tuoi inizi dell'esperienza politica?

La situazione è un po' complessa per quanto riguarda i dati biografici personali. Per farla breve, il primo incontro con i gruppi che venivano o erano ancora legati ai Quaderni Rossi per me è stato di tipo politico da una parte, ma anche di tipo esistenziale dall'altra: per essere molto precisi, era il gruppo che mi divertiva e mi piaceva di più, ed era quello che mi incuriosiva di più intellettualmente, credo soprattutto (si tenga conto che avevo poco più di vent'anni) perché non capivo assolutamente quello che si diceva. Ci sono anche dei connotati di tipo occasionale, per quanto mi riguarda; ad esempio Sergio Bologna, Pierluigi Gasparotto ed altri battevano la trattoria dell'Angolo di Brera e io uscivo da una fase in cui avevo avuto una terrificante sbandata per il cinema e per l'arte moderna, quindi il quartiere di Brera lo frequentavo (non ho mai usato un pennello, non sono un artista, avevo semplicemente avuto una sbandata estetico-esistenziale). I primi approcci sono questi, tra Milano e Como; c'era ad esempio Cesare Pipitone che era più grande di me e che indicava quella come l'esperienza con la E maiuscola. Il percorso parallelo che mi ha portato dopo a coinvolgermi direttamente e quindi a progettare un piano di ricerca (anche personale, non solo legato all'esperienza politica) è stata una cosa semplicissima, banalissima: la faticosa lettura de "La critica del gusto" di Galvano Della Volpe, (la prima di tante riletture, perché si tratta di un testo piuttosto complesso). Ho scoperto di conseguenza che questo filosofo italiano andava ben oltre la critica dell'estetica romantica e aveva prodotto un marxismo teorico innovativo e quasi inaudito che valeva la pena di affrontare. Quindi, il secondo dato biografico è costituito dal fatto che io non ho mai abbandonato la lettura di Della Volpe, ovviamente passando attraverso diversi gradi di approccio critico. Il terzo è stata la scoperta che Tronti aveva delle radici in qualche modo dellavolpiane, e per certi versi anche Panzieri. Tronti ha fatto la tesi di laurea con Ugo Spirito, però l'Istituto Gramsci allora era illuminato dalla presenza di Della Volpe. Insomma, questi sono i prolegomeni, per così dire; d'altra parte è chiaro che i passaggi sono tutti legati alla scansione politica e ai momenti dello scontro di classe: nel '66 lo sciopero dei metalmeccanici, nel '67 (che è già un anno di passaggio) Palazzo Campana, poi il '68 e poi l'autunno caldo. Ma noi abbiamo l'orgoglio di avere cominciato prima del '68, cioè noi non siamo dei sessantottini, sia ben chiaro, siamo dei pre-sessantottini semmai.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.