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INTERVISTA A CARLO FORMENTI - 31 GENNAIO 2000


Dunque, questo è un meccanismo estremamente complicato e delicato, con una serie di controtendenze all'interno, di difficoltà enormi. Del resto Seattle è fallita non perché c'erano qualche migliaio di persone che manifestavano, ma perché i conflitti sono spaventosi tra Stati Uniti ed Europa, tra Stati Uniti e Giappone, tra Giappone ed Europa, tutti contro tutti all'interno dei grandi centri della globalizzazione, e tra le punte alte e l'Est Europa ed il Sud del mondo. Quindi, in realtà i processi dall'apparente punto di vista dell'unificazione si semplificano, e si assiste ad una "omologazione" del mondo; questo è vero ad un certo livello, ma ad un altro livello succede il contrario, cioè succede che il mondo diventa ancora più complicato, frammentato e difficile da governare e da gestire. Per cui ci sono certamente alcuni elementi di governo a livello mondiale, che sono soprattutto il Fondo Monetario Internazionale, il WTO e via dicendo; però tutto questo funziona fino ad un certo punto per i conflitti interni e perché esistono in ogni caso delle resistenze dei territori regionali e locali che sono assolutamente imprevedibili e difficili da governare. Anche in questo caso sono resistenze contraddittorie: a livello locale si va a pescare idee, culture, progettualità, sapere; nello stesso tempo questi elementi, nel momento in cui vengono messi in rete e fatti circolare nella rete globale, possono essere appropriati e valorizzati anche in funzione antagonistica in altre parti del mondo. La globalizzazione produce anche la globalizzazione dei conflitti, degli antagonismi e la sua rete.


Secondo te che trasformazioni ci sono state all'interno della classe? E' ancora possibile parlare di classe? A che livello?

Di classe si può sempre parlare. Quella che va veramente in crisi è la vecchia idea di composizione di classe così come è, ad esempio, dentro alla tradizione teorica dell'operaismo mondiale ma soprattutto italiano. Ovvero l'idea che sia sempre identificabile una composizione di classe per cui esiste un "nucleo portante", un nuovo soggetto o comunque un soggetto che diventa il nucleo intorno a cui si aggrega la spinta antagonista ed il conflitto: un'avanguardia, se vogliamo chiamarla così. Questo è poi quello che ripropone, ad un altro livello, il problema dell'organizzazione politica di questa avanguardia. Se andiamo a vedere la logica dell'Autonomia Operaia ci si accorge che dentro risaltava fuori sempre inopinatamente il leninismo: dentro il concetto di composizione di classe e di avanguardia sociale era geneticamente inscritto il concetto di avanguardia politica, di organizzazione in termini tradizionali. Questo discorso secondo me oggi è impraticabile. Ormai si stanno delineando due letture abbastanza chiaramente contrapposte all'interno della riflessione della sociologia politica, chiamiamola così, dentro all'area critica e antagonista: da una parte il paradigma del nuovo soggetto, dall'altra quella del sincretismo antagonista. Ho recentemente visto un documento fatto a varie voci, tra cui anche Bifo Berardi, che è di interpretazione di Seattle: viene usato il neologismo di cognitariato, ovvero i lavoratori della conoscenza nobilitati da questa eco marxiana. Si sostiene che c'è un'avanguardia, i lavoratori della conoscenza appunto, il suo strato globalizzato, ed è l'equivalente di quello che era l'operaio-massa nel ciclo di lotte precedente: si tratterebbe di un'avanguardia sociale in grado di avere il più alto livello di consapevolezza, di controllo e di comprensione del processo produttivo e delle tecnologie su cui esso si fonda. Quindi, è il punto avanzato. Questo secondo me è il vecchio vizio della tradizione operaista, cioè il tentativo di rincorrere costantemente quello che si pensa essere la "punta" più avanzata del conflitto e della contraddizione, definirla come avanguardia e pensare che l'intera dinamica dei conflitti possa essere in ultima istanza ricondotta al paradigma, al modello, agli obiettivi, alla cultura, alle pratiche e ai comportamenti di questa punta più avanzata.

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