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INTERVISTA A CARLO FORMENTI - 31 GENNAIO 2000


Porta alla standardizzazione, ed anche questa è ambigua, perché la standardizzazione dei linguaggi e delle procedure deve essere sempre tale da non bruciare completamente i margini dell'innovazione. Allora qui c'è un conflitto, c'è una contraddizione che è interna alla stessa dinamica capitalistica: non è un caso se ad un certo punto la Microsoft va sotto tiro e viene condannata o comunque stoppata dalle istituzioni antimonopolistiche americane, perché, nella misura in cui questa assume una posizione di rendita industriale, di controllo, di soffocamento dell'innovazione, diventa antagonistica rispetto alla stessa dinamica dello sviluppo capitalistico; cercano cioè di rompere questa crosta che ferma la dinamica di innovazione, di sviluppo della rete e via dicendo. Il punto è proprio questo, cioè di una serie di conflitti e di contraddizioni che non sono più definibili in termini così rigidi e netti com'era nella fase di conflitto sociale precedente. C'è una pluralità di poli sia all'interno di chi tenta di governare dall'alto l'innovazione sia all'interno di chi innova dal basso, conflittualmente. Né gli uni né gli altri sono riconducibili a due fronti compatti, unitari, contrapposti muro a muro: c'è invece un continuo scambio e una continua interpenetrazione, ci sono delle strategie, delle convergenze. Questo nel conflitto americano è evidentissimo, nel senso che ci sono dei passaggi in cui si trovano fianco a fianco, come nella rivolta di Seattle, gli hacker, i populisti, i democratici, gli anarchici, i radicali con le resistenze, invece, come quelle dei contadini che votano repubblicano, i sindacati corporativi o le rappresentanze del Terzo Mondo che lottano contro la globalizzazione da un punto di vista conservatore: quindi, c'è questo tipo di alleanza. Da un altro lato si può avere questi stessi strati di proletariato, lavoratori della conoscenza, che si alleano invece con settori capitalistici per combattere contro il monopolio. Dunque, non è mai così semplice far passare delle linee amico/nemico all'interno di questo tipo di conflitti: ogni volta è quasi sempre contingente la decisione con chi schierarsi e contro chi.


Negli ultimi anni si è sviluppato un grande dibattito intorno all'ipotizzata crisi della politica. Rispetto a questa analisi sullo sviluppo delle nuove forme capitalistiche e le sue trasformazioni, secondo te come si configura tendenzialmente lo scenario delle forme di dominio e dell'ambito politico-istituzionale?

Non credo che si tratti di una fine della politica, ma di una crisi senz'altro. La stessa cosa vale per lo Stato: esso in realtà più che a sparire tende e tenderà sempre più a ridefinire le sue funzioni a livello di gestione locale. I territori comunque non vengono né verranno mai abbandonati a loro stessi, per una serie di motivi molto precisi: se non altro perché deve essere garantita l'efficienza di infrastrutture di rete locali. Ma al di là di questo, è certo che esiste una possibilità di frammentazione crescente, in quanto esistono due livelli di territorio: uno fisico ed uno virtuale. Il territorio virtuale non coincide più faccia a faccia con quello fisico. Controllare una rete produttiva a livello globale implica l'avere una serie di relazioni con degli Stati, o comunque con delle forme di dominio politico del territorio a livello locale. Questo implica una serie di conflitti e di contraddizioni: perché è vero che esistono delle strutture che riescono a trascendere completamente il controllo politico a livello locale, però non riescono mai a farne completamente a meno e devono comunque fare i conti con tali forme di dominio. Esistono degli elementi di imprevedibilità, per fortuna non c'è mai una possibilità di dominio astratto, così assoluto del territorio. Ci sono delle resistenze. Vediamo ad esempio cosa è successo con il crollo dei paesi socialisti: vi è certamente stata una penetrazione capitalistica in queste aree, ma c'è stato pure uno sfascio ed un disastro mostruosi ed anche degli effetti negativi, dal punto di vista del capitale occidentale, spaventosi per le aspettative di colonizzazione del territorio all'Est. La stessa fascistizzazione dei territori dell'Est, dei Balcani, è un problema enorme dal punto di vista del controllo politico da parte dei centri occidentali della globalizzazione (Stati Uniti, Giappone ecc.).

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