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INTERVISTA A CARLO FORMENTI - 31 GENNAIO 2000


Tu avevi analizzato la trasformazione della scienza in forza produttiva diretta attraverso i processi nel ciclo dell'informazione e nello sviluppo di un'informatizzazione di massa.


Il centro è stato proprio il processo di informatizzazione. Anche tutte le altre procedure scientifiche, discipline, saperi sono stati normalizzati, codificati. L'esempio più clamoroso sicuramente viene dalle biotecnologie: senza l'informatica il sapere scientifico sul codice genetico e sulla biologia molecolare sarebbe stato letteralmente impossibile, in quanto l'ordine di complessità dei fenomeni coinvolti era tale da far procedere le conoscenze molto lentamente. Oggi abbiamo un'integrazione tra codice informatico e codice genetico talmente stretta che il processo viaggia con grande rapidità, diventa quasi indistinguibile, sono saperi totalmente interfacciati. Questo può essere reso valido a tantissimi altri livelli: praticamente non esiste più una scienza pura, esiste soltanto tecnoscienza, nel senso che il contenuto stesso della conoscenza e dei saperi è determinato dalla forma della loro produzione, che è appunto la forma del codice informatico. C'è quindi un'unificazione ed un'integrazione molto forte e trasversale resa possibile da questo tipo di tecnologia: non a caso il calcolatore viene definito una macchina universale, è un qualcosa che funziona con una logica molto simile a quella del denaro, del valore di scambio, cioè la possibilità di ridurre ad un'unica unità di misura i saperi e le conoscenze concrete e di oggettivarli.


Hai prima parlato della sussunzione capitalistica di linguaggi, culture e via dicendo: ne "La fine del valore d'uso" avevi analizzato il tentativo capitalistico di sviluppare nuove forme di appropriazione del sapere sociale che la classe operaia ha espresso nelle sue lotte, la trasformazione della creatività autonoma operaia in forza produttiva diretta del capitale; avevi evidenziato come i bisogni e le coscienze individuali diventino soggetti della valorizzazione.

Questo nella fabbrica era più facile da analizzare, nel senso che oggi abbiamo visto come è avvenuto il passaggio dalla fabbrica fordista alla fabbrica toyotista, è stato abbastanza chiaro ed è stato anche ampiamente analizzato. Le modalità di sapere informale sviluppate all'interno della vecchia fabbrica fordista (su questo c'è un'analisi molto approfondita fatta anche da Christian Marazzi ne "Il posto dei calzini" e poi nei libri successivi) e la comunicazione, che all'interno della fabbrica fordista erano un intoppo, momenti di non produzione, elementi di rottura dentro al disciplinamento del lavoro e della sua organizzazione, attraverso l'uso delle nuove tecnologie sono invece diventati momenti di sussunzione e di valorizzazione. Il sapere operaio, concreto, pratico utilizzato a livello di squadra, di collettivo, di socializzazione, di linguaggio, di comunicazione informale operaia, è divenuto il nuovo principio propulsivo e di valorizzazione all'interno dei processi produttivi. E' completamente ribaltata la logica: mentre prima non aveva alcun interesse che il singolo o il gruppo operaio fosse a conoscenza delle dinamiche complessive del processo produttivo e di come funzionava, dovevano semplicemente svolgere una serie di mansioni esecutive, oggi viene dato invece come fondamentale la capacità di autocollocarsi all'interno del processo produttivo da parte del gruppo, sia del singolo che del collettivo: è necessario capire la dinamica generale del processo per poter mettersi in relazione con essa, in una logica di grande flessibilità, di risposta creativa ai problemi che nascono di momento in momento. Questo perché la produzione non è più di massa ma è di piccola serie, mirata su certe nicchie di mercato: è una produzione just-in-time, che deve seguire passo per passo i trend del consumo, anche quelli locali, idiosincrasici e contingenti dei comportamenti dei consumatori, quindi deve continuamente adattarsi a questo.

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