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INTERVISTA A CARLO FORMENTI - 31 GENNAIO 2000


Un terzo punto, che mi sembra molto interessante proprio per capire e per cogliere questo nuovo salto di qualità del capitale, è che esistono dei processi di sussunzione capitalistica che possono essere definiti al tempo stesso formali e reali. Marx faceva una distinzione tra sussunzione formale e sussunzione reale del lavoro sotto il capitale in una prospettiva che era soprattutto storica. Allora, nella prima fase, abbiamo un lavoro che, ad esempio, può ancora svolgersi a domicilio, con le macchine o di proprietà dell'artigiano oppure date a lui o al contadino lavoratore da parte del capitale, e non c'è l'organizzazione della grande fabbrica: c'è una rete di personaggi, che a volte arrivano direttamente ancora da rapporti di dipendenza quasi feudali, e che vengono inseriti all'interno del mercato attraverso questa figura dell'imprenditore, il quale sussume i vecchi processi produttivi senza però cambiare né gli strumenti con cui questi si svolgono né l'organizzazione del lavoro. Il lavoro di tipo tradizionale avveniva ancora all'interno di un'economia tradizionale, magari nel nucleo familiare che a volte veniva interamente messo al lavoro, ed era ancora affiancato dalle vecchie economie familiari di sussistenza soprattutto nelle campagne. Il passo successivo è quello che Marx chiama sussunzione reale sotto il capitale, la separazione tra tempo e luogo di vita e tempo e luogo di lavoro, la concentrazione della forza-lavoro nella grande fabbrica: progressivamente l'organizzazione tecnologica e scientifica, cioè la sussunzione della tecnoscienza sotto il capitale, cambia il modo di lavorare; si creano i presupposti per quella prima organizzazione scientifica del lavoro che poi nel '900 con il taylorismo ed il fordismo verrà portata ad un livello di razionalizzazione molto più alto. Comunque già allora ci sono le condizioni per passare a quella che Marx chiama sussunzione reale sotto il capitale, quindi il rivoluzionamento del modo di produrre. Oggi molti (Bonomi ma non solo lui) notano come esistono dei processi che possono essere chiamati di nuovo feudalesimo, quindi la possibilità, dopo i grossi processi di decentramento produttivo degli anni '80 e dei primi anni '90, di mettere al lavoro di nuovo unità sparse sul territorio com'era nella prima fase. Quindi, abbiamo un processo che è apparentemente un ritorno a forma di sussunzione formale del capitale: in realtà si tratta di un processo che è al tempo stesso di sussunzione formale e reale, perché l'uso delle nuove tecnologie consente di sovrapporre il processo di valorizzazione alla vita reale, al territorio, alla socialità, non più separata com'era nella città-fabbrica tra il quartiere della riproduzione e la fabbrica della produzione. Di nuovo il capitale torna nel quartiere, sul territorio, nelle regioni, nelle campagne, a sovrapporsi ai processi di vita, di riproduzione, alle culture, alle tradizioni. E le sussume senza rivoluzionare direttamente linguaggi, forme di vita, tradizioni, anzi cercando di impadronirsi dei loro elementi significanti dal punto di vista dei linguaggi, del potenziale innovativo, delle idee da riciclare poi sul mercato globale. Quindi, da questo punto di vista sembra sussunzione formale: è sussunzione reale nella misura in cui in ogni caso il territorio non può essere sussunto nella sua forma di pura differenza idiosincrasica, deve comunque diventare interfacciabile (per usare un termine informatico) con il mercato globale, e quindi comunque esiste la necessità di standardizzare i linguaggi, di renderli compatibili con i codici della comunicazione globale. E' dunque una forma nuova, assolutamente innovativa, di valorizzazione capitalistica, destinata a diventare sempre più capillare ed efficiente mano a mano che nella rete non entrano più soltanto individui, soggetti, collettivi, tradizioni, ma sono proprio gli stessi "oggetti intelligenti" che ne fanno parte. Via via che si inseriscono micro-chip, intelligenza negli oggetti, potenziali terminali di rete, c'è la capacità di innervare il territorio e quindi di recuperare informazioni e dati sui comportamenti, sui consumi, sulle pratiche, sulle tendenze: si arriva proprio a cablare le pratiche minute di riproduzione e, da questo punto di vista, tutti diventiamo prosumer, per usare questo brutto termine. Nel momento stesso in cui consumiamo produciamo, nel senso che scambiamo informazione, diamo la possibilità alla controparte di appropriarsi di informazione e quindi di valorizzare costantemente il processo produttivo. E' proprio un salto radicale, siamo al limite di una serie di categorie della critica dell'economia politica classica, ci servono quasi solo per far vedere come non funzionano, più che per interpretare quello che capita.

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