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INTERVISTA A SILVIA FEDERICI - 18 DICEMBRE 2000
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali figure di riferimento nell'ambito di questo percorso?

Il mio percorso è cominciato negli Stati Uniti, sono partita dall'Italia nel '67, allora avevo una generale coscienza politica di sinistra che consideravo rivoluzionaria, ma non avevo nessun impegno ed esperienza organizzativa. Dunque, sono andata negli Stati Uniti nel '67 e lì ho subito lavorato nel movimento studentesco. Non potrei parlare proprio di persone specifiche di riferimento, ma è stata piuttosto una grossa esperienza collettiva, anche perché il movimento studentesco in America in quel momento riceveva la storia e la lezione politica del movimento dei neri, del movimento della guerra contro il Vietnam, quindi aveva un grosso senso di lotta antimperialista. Questo è stato uno dei passaggi grossi per me, poi tra il '67 e il '71 ho incontrato negli Stati Uniti diversi compagni, quando ancora appunto militavo nel movimento studentesco. Erano compagni che avevano un'esperienza di Potere Operaio, e lì ho preso contatto con il movimento operaista in Italia e anche con i movimenti sociali in Italia, perché vivendo a Parma ero in una delle città dove il movimento studentesco era uscito più tardi e dove forse anche le nuove politiche dei gruppi hanno avuto più fatica ad attaccare a causa di questa grossa presenza del Partito Comunista. Quindi, quando sono partita, nel '67, non avevo nessun senso di quello che si stava muovendo in Italia, a Torino, a Roma: ho scoperto tutto ciò negli Stati Uniti nel '71, questo è stato l'anno in cui ho fatto la scoperta del movimento italiano, ho studiato Tronti, Panzieri. Fra l'altro abbiamo formato un piccolo gruppo in cui si volevano tradurre diverse cose, abbiamo raccolto materiali italiani, di cui una parte sono stati pubblicati negli Stati Uniti e altri invece no. Lì per me c'è stato poi un altro passaggio, quello di collegare il discorso antimperialista, il discorso degli studenti, il discorso del cambiamento della vita, l'anticapitalismo che veniva semmai dal movimento sia antimperialista che dal movimento hippy e dal movimento dei neri, ecco questo si collegava con lo spezzone di classe. Collegandomi a questi compagni ho incominciato a ripensare a tutti i contenuti del movimento studentesco americano anche da un punto di vista di classe, quindi il discorso dell'operaio-massa, del rifiuto del lavoro: questi sono stati i punti di riferimento insomma, anch'io mi sono letta religiosamente Tronti a quel tempo.
Però, proprio facendo questo in quel momento stavo già anche cominciando a lavorare con dei gruppi femministi, ho partecipato dal '69 al '72 a molti gruppi di studio femministi, dimostrazioni, anche se in quel periodo, fino al '72, non avevo un'idea molto chiara: sentivo un'urgenza personale, ma non avevo un'idea chiara di come si rapportasse il femminismo alla politica più generale, perché le tendenze che esistevano all'inizio del femminismo non mi soddisfacevano. Realtà tipo Radical Femminist avevano un discorso di patriarcato ma inteso in un modo molto astratto, senza connessioni a qualsiasi sistema di lavoro e di sfruttamento. Prima del '72 ho preso dei materiali che mi sono arrivati dall'Italia e che abbiamo incominciato a tradurre, mi è arrivato anche "Potere femminile e sovversione sociale" della Maria Rosa Dalla Costa, e questo per me è stata una svolta. Mi ricordo che quando l'ho letto allora sono diventata femminista anche nel senso più precisamente teorico, cioè ho trovato risposte a tutte le domande che avevo e a tutte le questioni irrisolte, è stata una piccola conversione politica: le domande che avevo sul rapporto proprio tra femminismo e lotta di classe sono andate a posto. Non solo, ma quel documento è stato molto importante anche a livello personale, proprio perché mi ha fatto capire tante storie anche della mia vita, della storia di mia madre, della storia delle donne di cui avevo avuto esperienza. Nel '72 sono venuta in Italia e sono andata a conoscere la Maria Rosa Dalla Costa, in quel momento si stava formando il Collettivo Femminista Internazionale, nel luglio di quell'anno, allora ho partecipato ai lavori della formazione di questo collettivo. Poi sono tornata negli Stati Uniti e ho cominciato a lavorare per mettere in piedi un gruppo sul salario: in effetti, il primo gruppo consistente, la prima organizzazione che aveva già un carattere di un certo tipo si è formata tra il '72 e il '74. Nel '74 abbiamo avuto la prima conferenza internazionale del comitato sul salario di New York. Poi, negli anni tra il '72 e il '77, ho lavorato nel comitato per il salario di New York per organizzare una campagna a livello nazionale negli Stati Uniti, per cui ho lavorato con altre compagne a formare gruppi diversi, a fare riunioni ecc.

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