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INTERVISTA A VALERIO EVANGELISTI - 18 MARZO 2000


Però, e qua arriviamo all'ultima fase della storia, alcuni casi un po' imprevisti della mia vita mi avevano portato a fare delle scelte stranissime, a cambiare completamente vita e a diventare uno scrittore addirittura di fantascienza: cose che se uno me le avesse dette una volta, non ci avrei creduto. Io cominciai a riflettere sulla vita che stava avendo il Progetto Memoria: durante la Pantera fu vendutissimo, a Bologna era una delle pubblicazioni sicuramente più diffuse, ma subito dopo no, passava dei momenti di crisi terribili (mi ricordo la tiratura più bassa, vendemmo 36 copie tramite librerie); c'era poi la vendita militante, ma se all'inizio avevamo tantissimi compagni di riferimento in tutta Italia, ormai erano diventati pochissimi (il Verbano di Roma, qualche centro sociale qua e là, ma roba da poco). Allora io, assieme a degli altri, mi cominciai ad interrogare su questo: stiamo adottando il linguaggio giusto, la gente ci capisce? Avevamo di fronte un tipo di giovani che ormai non conoscevamo più, anche perché anagraficamente una volta eravamo noi i giovani, magari ci illudevamo di esserlo ancora ma non era vero: nascevano degli altri tipi di giovani quasi termidoriani, che uscivano cioè da un'epoca di restaurazione, con una spoliticizzazione totale, con nessuna traccia di insegnamento antagonistico, la quale era stata espulsa da tutti i campi; quindi erano per noi difficilissimi da trattare, a parte alcuni che proprio erano dei ribelli irriducibili. Del resto l'età media del movimento stava crescendo paurosamente: prima si andava dai 15 anni ai 60, adesso si stava spostando sempre più in su e, ad un certo punto, eravamo dei gruppi di quarantenni, senza per altro che si potesse dire che fosse colpa di questi giovani: essi erano usciti da una situazione così formata e va detto che anche noi non eravamo riusciti a comunicare, né ci riuscivamo più. Allora pensammo di ricorrere a strumenti diversi. La gestazione durò diversi anni; poi, dato che la mia carriera diventava quella di scrittore di fantascienza e che io vedevo che in quella veste riuscivo a far passare delle idee che altrimenti sarebbero state difficili da far passare, ad un certo momento nacque la seguente proposta. Qua ci manca una cultura; in Francia è successo che il romanzo noir di estrema sinistra è diventato importantissimo in quel quadro culturale, proviamo a fare la stessa cosa in Italia con la fantascienza o con la narrativa di genere, noir incluso: proviamo a fare questa operazione e a vedere se riusciamo a conquistare un pubblico più vasto. E' stata quindi un'operazione squisitamente politica, che dura tuttora. Facemmo dunque uscire Carmilla, che adesso è una rivista vera e propria, ma all'inizio era una fanzine che ebbe un successo enorme. Dato che io cominciavo ad essere parecchio conosciuto e ad avere tutta una serie di rapporti proprio con quei giovanissimi che mancavano di solito, la scelta di questo tipo di linguaggio fu facile e obbligata. A quel punto Progetto Memoria, nella sua veste ultramilitante, diventava difficile da portare avanti, perché ognuno aveva degli impegni, e poi non è che la ricerca continuasse più di tanto. Decidemmo di fare eventualmente uscire un Progetto Memoria ogni tanto (adesso ha un altro direttore, una volta ero io), però puntare su questa rivistina Carmilla, che in effetti è tuttora uno strumento molto importante. In teoria dovrebbe essere semestrale, ma da quando abbiamo una veste regolare ed elegante non ce la facciamo più, perché l'editore ci fa impazzire: prima sono usciti quattro numeri come fanzine, di lusso, e lì riuscivamo a rispettare le scadenze. Quindi sono già circa tre anni che Carmilla esce: questo è stato lo sbocco di Progetto Memoria.
Va detto che nel frattempo, è vero che io non militavo più attivamente, però, insieme ad altri compagni, tentavamo delle strade alternative. Ad un certo punto io mi iscrissi a Rifondazione Comunista: fu un'ingenuità da parte mia, credetti che veramente fossero aperti. Fu un'esperienza breve e disastrosa, ma lo fu soprattutto per loro, perché, in realtà, io (che facevo parte del direttivo di un circolo) e la componente giovanile ci impadronimmo praticamente del circolo: quando uscimmo, lo facemmo con tutti i giovani di Rifondazione, e fu la prima di tutta una serie di emorragie che hanno avuto. Uscimmo su posizioni operaiste, del resto io non avevo mai rotto i legami con il movimento, per cui frequentavo via Avesella e il circolo di Rifondazione, come altri frequentavano via Avesella ed erano iscritti alle RDB o cose di questo tipo. Era quindi come un terreno di intervento. Fu comunque la mia ultima esperienza organizzata; poi ho continuato ad andare alle riunioni in via Avesella, anche per una forte amicizia personale che avevo con tutti questi vecchi compagni, però adesso sostanzialmente l'unica cosa che faccio è Carmilla.




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