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INTERVISTA A VALERIO EVANGELISTI - 18 MARZO 2000


C'è però un fatto: io, già da tempo, mi ero stancato di questo tipo di cosa, nel senso che vedevo che la rivoluzione in Italia non si faceva. Non fui toccato direttamente dalla repressione degli anni '80, però vidi tantissimi compagni sparire, o perché arrestati o anche perché umanamente tanto distrutti che si ritiravano a vita privata, oppure proprio sparire fisicamente perché si davano alle droghe pesanti, tutto quello che fino allora avevamo un po' arginato. Ciò ha portato del riflusso, perché noi per molto tempo avevamo costituito un argine fortissimo contro lo spaccio pesante, nei quartieri in cui eravamo o nel centro di Bologna: oggi magari può suonare strano e brutto, comunque si facevano anche le ronde contro gli spacciatori, quindi diciamo che tenevamo pulito. Poi, ad un certo punto, furono gli stessi compagni a cedere a queste cose, e allora tutto cambiò. Comunque, nelle mia esperienza personale, avevo un certo qual bisogno di rivoluzione e allora cominciai a dedicarmi a questioni internazionali: dapprima mi occupavo di Medio Oriente, avevamo delle reti di amicizia e solidarietà con i palestinesi, soprattutto del Fronte Popolare di Abbash; in un secondo tempo passai decisamente ad altro, cioè al Nicaragua. Avevo letto un libro sul Nicaragua che mi era piaciuto, cominciai ad informarmi e, con dei compagni che avevano lo stesso interesse, iniziammo a coagularci dentro al Crack 2, riunendoci lì. Poi allora avevamo radio Under Dog, che era piccolina però serviva da coagulo e ci chiedeva delle trasmissioni su questo argomento. Nacquero così tutta una serie di riunioni a carattere internazionalista e cominciò a condensarsi un gruppo di compagni che si occupava di questo: noi venivamo dal Crack, altri erano stati nel movimento a suo tempo ma l'avevano un po' tralasciato, e poi erano tornati, specialmente in occasione dell'invasione di Granada. In quel momento a Bologna si formò un comitato pro-Granada che si fuse con noi, ci interessavamo allo stesso tema, e nacque una cosa abbastanza grossa: prese il nome Circolo Carlos Fonseca. Esso era un'associazione per il Nicaragua, ma non di tipo né cattolico né umanitario, voleva essere molto militante ed era emanata dal movimento. Sulle prime eravamo nati dentro al Crack e i rapporti iniziali furono abbastanza facili. Però, intanto, la situazione era un po' peggiorata, perché, ad esempio, ad un certo punto i punk erano stati allontanati. Io non seguivo più quotidianamente le vicende del Crack, comunque prima c'era stato un problema tra autonomi ed anarchici: un anarchico se ne era andato e i punk, che non si ritenevano marxisti, avevano simpatizzato per lui e se ne erano andati anche loro, a parte alcuni molto politicizzati. Quindi la situazione cominciava a diventare pesante. Poi si profilava uno scontro abbastanza forte tra il CPT, che a quel punto era davvero quello che poi si è conosciuto, e l'autonomia tradizionale. Era nato un organismo chiamato CoCoBo (Comitato Comunista Bolognese) che apparteneva all'autonomia, diciamo così, romano-padovana (nel senso del giornale Autonomia); gli altri, invece, erano sempre più eretici, facevano un giornale che si chiamava Passepartout. Come gruppo internazionalista noi non volevamo schierarci su questo, tentammo anzi di far da mediatori: finimmo per avvicinarci di più all'ala dell'autonomia vera e propria, mantenendo però un nostro profilo e tentando di costituire una struttura di servizio per il movimento. Fin dall'inizio avevamo avuto dei rapporti molto stretti con il Fronte Sandinista, con compagni che già si trovavano là ma soprattutto con autorità o rappresentanti del Fronte stesso: ad esempio con il suo rappresentante ufficiale, che poi era un prete guerrigliero. Questi, venuto in Italia, aveva rapporti prioritari con noi rispetto a tutte le altre organizzazioni. Negli anni che vanno dall'83 all'86-'87 (quando ci sciogliemmo) noi tentammo (oggi si può dire, una volta non l'avrei fatto) di fare un tipo di solidarietà quasi militare con il governo sandinista, nel senso che i nostri referenti erano nell'esercito, e specialmente nei servizi segreti: noi cercavamo di fornire materiale o altre cose che potessero essere loro utili, per esempio strumenti di puntamento che non potevano essere importati direttamente, oppure binocoli che non potevano trovare o che non avevano i soldi per comperare. Allora noi viaggiavamo portandoci dietro di questi aggeggi qua: questo era il circolo Carlos Fonseca, visto molto male dalle associazioni tradizionali di sostegno al Nicaragua, perché sapevano che stavamo facendo qualcosa. Infatti, poi se la presero moltissimo con questo rappresentante del Fronte Sandinista, che si chiamava Bernardino, accusandolo addirittura di intascarsi dei soldi: invece l'accusa era un'altra, si sapeva che usava quei soldi per qualcosa che loro non volevano.





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