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INTERVISTA A VALERIO EVANGELISTI - 18 MARZO 2000


Dunque, bisognerebbe veramente rimpadronirsi della nozione di complessità e andare a fare uno studio difficile, lungo e collettivo su cosa è diventato il mondo oggi, perché esso non è riducibile a formulette, non si limita al solo Occidente, non si limita di sicuro alla classe operaia tradizionale e neanche ad un imprecisato operaio sociale. Esistono oggi dei flussi di forza-lavoro che sono diversi da quelli del passato. Faccio una mia piccola aggiuntina: sento fare dei discorsi antirazzisti che, fermo restando quanto sia bene farli, non hanno però nessuna sostanza per quanto riguarda i motivi di questi spostamenti di popolazione. Il Manifesto dice che hanno fame, vengono qua e dobbiamo ospitarli, oppure che andiamo verso la grande società multietnica: attenzione, queste persone si muovono perché ci sono delle tragedie in atto e perché sono indirizzati dove servono. E' da qui che bisogna partire, allora si riconoscerà la loro dignità come figura operaia, il che non significa poi mettersi in ginocchio, per esempio, di fronte a qualsiasi ruffiano albanese, tutt'altro. Ma si riconoscerà la dignità di una figura, la si riconoscerà come tale, la si metterà in relazione ad altre e di lì si partirà per il discorso antirazzista. Il Manifesto non lo leggo più; tutta la sinistra ormai è invasa dai preti.


Rispetto ai nodi contenuti in questa conricerca e a quello di cui abbiamo parlato nell'intervista, se tu dovessi citare dei libri da leggere e da non leggere, e degli autori che ritieni importanti e, viceversa, no, chi indicheresti e perché?

Curiosamente, per quanto riguarda la situazione italiana, indicherei di leggere i libri, soprattutto quelli vecchi, di un'economista borghese che si chiama Augusto Graziani. Secondo me ha dato, tra l'altro con una profonda chiarezza espressiva, delle chiavi di lettura della società italiana che a me sono servite molto a suo tempo. Credo che un'indicazione del genere magari scandalizzerà parecchi, però lo consiglierei. Due teorici eclettici mi sono poi venuti in mente come decisivi per la mia formazione, il primo soprattutto, Willelm Reich. Era uno psicanalista dissidente, allievo di Freud, che scrisse un libro che fu quasi una bibbia della mia gioventù e si intitolava "La rivoluzione sessuale": era un duro attacco all'istituto famigliare, ipotizzava rapporti tra uomo e donna diversi, ma nell'ambito di una trasformazione dell'intera società. Fu molto importante non solo per me ma per tutti noi della stessa età che lo leggevamo; ancora oggi lo leggo in qualche modo, è anzi stato il protagonista di uno dei miei romanzi. L'altro teorico è ancora più noto, si tratta di Herbert Marcuse, che credo sia uno dei pochi autori che, se riletti oggi, sembrano attuali, cosa che non capita spesso. Marcuse, soprattutto in libri come "L'uomo a una dimensione", prefigurava delle linee di tendenza che oggi sono pienamente operative, e forse era meno comprensibile allora, negli anni '60, di quanto non lo sia oggi. Io penso che sia una lettura raccomandabile a chiunque voglia sapere qualcosa del presente. Altri sono un po' caduti, un bel po' di teorici del passato non li consiglierei, o almeno non come primari: McLuhan, Erich Fromm. Non consiglierei neanche tutto quanto ha scritto Baudrillard, anche se una parte va ancora letta. Ma Marcuse mi dispiace che sia morto! Quei due che ho citato erano dei tipi di pensatori che non si limitavano all'economicismo, ossia non è che prendessero in considerazione la società solo ed esclusivamente dal punto di vista economico economico: ne osservavano anche i riflessi psicologici, sociologici, riuscivano a guardare la società a 360°, che è proprio quello che ci manca oggi, cioè la capacità di vedere e di cogliere tutto e di sforzarsi di trovare delle logiche unificanti a questo quadro così frammentato. Di altri teorici, c'è quasi per tutti la pagina che resta brillantissima accanto a quella che non lo è più: il problema è che dobbiamo scriverli noi dei libri, e non i miei!


C'è invece qualcuno che non consiglieresti o che, secondo te, per uno o più aspetti è stato o è deleterio?

Ormai c'è l'imbarazzo della scelta. Se ci limitiamo all'ambito di movimento, esito a fare dei nomi non tanto perché non li sappia, ma perché alcune di queste persone che dovrei citare, bene o male, hanno un loro decoro, non è cioè che siano dei venduti: diciamo che si sono adattati in varie misure alla società che li circonda e scrivono delle stupidaggini. Nel passato ho molto stimato Sergio Bologna: credo che oggi esprima poco, almeno negli ultimi suoi interventi. Mi dispiace, perché è una persona estremamente decorosa, proprio un modello di rigore come uomo e intellettuale: però quello che scrive mi sembra che l'abbia già scritto tanti anni fa e lo stia ritirando fuori. Così è un po' per tutti quanti; poi non considero i buffoni, Rossana Rossanda e simili non mi interessano, io parlo dei veri teorici. Quello che ritenevo estremamente lucido, almeno in alcune sue parti di pensiero, e che è morto, era Primo Moroni, il quale ha secondo me fatto molto per comprendere certi fenomeni: le sue analisi della Lega, quando essa nacque, restano forti e molto belle. Molti poi continuano a scrivere la stessa roba. Ripeto, non si tratta di andare a rievocare maestri buoni e maestri cattivi, ma di crearsi da soli le identità di maestro collettivo e, visto che si vive in questa società qua, cercare di capirci qualcosa e di farlo capire: non è facile, ma se non si fa questo allora tanto vale andare in pensione…o mettersi a scrivere libri di fantascienza!

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