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> La soggettività politica antagonista
(pag. 1)

> Conflitti e lotta di classe
(pag. 6)

> Soggetti sociali e soggetti politici
(pag. 9)

INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 8 MAGGIO 2000


Questo è uno scenario meccanicista; qual è invece uno scenario soggettivo? E' quello di dire: "Se è vero che la composizione tecnica sta cambiando (nell'Occidente ma non solo lì) rispetto ad una massificazione del sapere, delle conoscenze tecniche e scientifiche, costruiamo il passaggio da questa massificazione del sapere ad una massificazione dell'agire utilizzando questo sapere, e non rivendicando semplicemente salario, reddito. Adesso ti facciamo vedere come progettiamo noi il mondo nuovo, lo mettiamo sul progetto e dopodomani lo mettiamo sulle piazze, lo facciamo diventare azione. E prima ti dimostriamo la supremazia per l'umanità dei nuovi progetti, poi, se non la capisci, ci scontriamo". Per quale ragione questi passaggi, in questo modo detti allegramente, non avvengono in termini nemmeno esemplari? Vuol dire che il sapere incarnato in strati di massa ampi, un sapere significativo e qualitativo, di per sé può essere perfettamente inutile se non c'è la capacità del governo del sapere, quindi se non c'è l'elemento politico, ossia se non se c'è il decidere l'uso del sapere quale deve essere: questa è la soggettività, la soggettività collettiva, la soggettività che si scontra con un'altra soggettività, cioè con una soggettività, quella del capitale, che ha i suoi progetti. Allora, mi pare che il rischio sia quello di dire: "Che lo vogliano o no, i potenti del mondo dovranno fare i conti con un'evoluzione delle soluzioni ai problemi del pianeta che estinguerà il loro ruolo", ossia con un'evoluzione che (ripeto, ancora una volta oggettivamente) dimostrerà che (come qualcuno tenta di teorizzare oggi da parte dei potenti) la separazione tra dominanti e dominati, tra chi comanda e chi obbedisce, costituisce una differenza che tende ad estinguersi. Se c'è una cosa di cui la destra internazionale parla è proprio questa, il "noi lottiamo perché ci sia la fine dei muri, perché la società abbia, dai centri più potenti di governo del mondo all'individuo singolare, una sorta di nuova armonia": questa è la sfida culturale della destra. Allora, se diciamo che questo processo è irreversibile, a che serve il conflitto se non a inventare nemicità, a inventare scenari bellicosi che diventano il freno ad un'evoluzione ormai inarrestabile, frutto del conflitto di classe e di tutto quello che vogliamo? In questo modo viva la lotta di classe passata, gli esiti sono tali che ormai si è imboccata una strada difficilmente reversibile, cioè difficilmente riproducibile in uno scenario di classi antagoniste. Questo ottimismo evoluzionista della specie umana, chissà, potrebbe essere vincente: io la vedo con la pelle d'oca un'affermazione del genere. Attenzione, non è che voglia ridicolizzare questo ragionamento dicendo che lì non c'è conflitto: in quel ragionamento il conflitto c'è eccome, ma è il conflitto della ragione, non è quello della forza, è il conflitto di una ragione che impone la sua superiorità, che vince perché non ha più la mistificazione del "tu sei mio nemico" oppure "tu sei mio amico". E' il conflitto tra i progetti, questa è la vera mistificazione: vince l'intelligenza, la capacità di progettazione più alta. Io a questo non ci credo, secondo me vince un nuovo modo di concepire lo sfruttamento o una liberazione da esso. Si tratta però di fare un lavoro di ricerca, di analisi, di verifica, di qual è la vera fisionomia di questo scenario oggi; perché finché noi non lo demistifichiamo non avremo molte cose da aggiungere o da contrapporre a chi dice: "Voi fagocitate di nuovo la separazione irriducibile di interessi, voi comprimete di nuovo il conflitto del progresso dentro la logica che la tua fine è la possibilità della mia affermazione e viceversa: ancora una volta siete manichei, dite che il sistema capitalistico è comunque un soggetto che fino alla fine vuole vivere, a costo di farti morire. Invece non è così, il problema è che la sua sconfitta è quella di un organismo che ha fatto il suo tempo e che oggi non ha più bisogno di esercitare una funzione che è assolta dalla società, quella del cervello, quella del governo delle cose e del progresso. Dunque, c'è un assorbimento di funzioni, la società diventa bastante a se stessa, essa assorbe anche le funzioni capitalistiche che quindi non sono più utili storicamente, si disperdono nella società, la quale si autogoverna: è questo lo scenario".
Io continuo a vedere un cervello soggettivo capitalistico e un cervello produttivo, il nuovo operaio internazionale, l'operaio post-fordista, che è un cervello ancora governato e comandato da un altro cervello. Allora, se vogliamo andare avanti sulla fisiologia, è vero, non parlo più nemmeno io di muscoli, striati o lisci, parlo di un organismo vero e proprio, ma di un organismo che non si muove con la sua autonomia e con la sua indipendenza: questo non c'è, e nemmeno i segnali di indipendenza e di autonomia sono ancora significativi, ancora c'è un soggetto esterno che governa questo organismo, ancora c'è un cervello esterno, anche lui più raffinato di prima, che governa. Quindi, questa separatezza io continuo a vederla ancora.

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