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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 8 FEBBRAIO 2000

Io sono convinto che i radicali siano assolutamente determinati nel ritenere che stiano facendo l'interesse dei poveri, dei disoccupati, nel considerare i garantiti un'aristocrazia: sono certo che loro la pensino così, che il liberismo sfrenato sia una ricetta che può funzionare anche per il bene dei più deboli. Mi sembra però che il ripasso dei testi storici sia stato abbandonato da tutti; come se il welfare, che non è certamente nato in uno Stato socialista, fosse stato un'invenzione voluta da un sistema che aveva capito che l'equità e la solidarietà erano valori assoluti: non è per niente vero, è come se, andando più indietro, si dicesse che la schiavitù è stata abolita perché si voleva la libertà degli schiavi. Sono tutte stupidaggini, ma mi sembra che questi elementi di riferimento storico siano stati persi un po' da tutti. Per cui c'è la convinzione che oggi abbiamo di fronte una sequenza fastidiosissima di muri di rigidità da abbattere e che questi sono ciò che frenano un'inondazione del Nilo, quindi fertile, che produce nuova ricchezza, nuove opportunità e via dicendo. Questa grande mistificazione è oggi il tema principale dell'attività di tutti gli organi di comunicazione, pubblici e privati, di sinistra e di destra. Io spero che non funzioni come operazione, perché è vero che alla comunicazione e all'operazione culturale viene affidato un grave compito, ma la materialità della contraddizione è qualcosa da cui nessuno può sfuggire, né noi né loro: quindi se questo scenario diventerà nella materialità una mistificazione io non so cosa succederà. Non voglio fare il profeta di eventi tragici; qualcuno potrebbe rispondere che l'ottimismo capitalistico farà sì che di volta in volta si troveranno le soluzioni a questi problemi: io non ci credo che ci siano tante possibilità di soluzioni, se non una raffinazione sempre più alta dei processi di disciplinamento sociale. Questa è una cosa che fa rabbrividire detta così, ma io vedo questo scenario come l'unico che davvero può in qualche modo far funzionare le cose: quindi la mistificazione come essenza dei rapporti di potere, il perdurare e l'alimentare la mistificazione come elemento ontologico, indispensabile, fondante il nuovo sistema di potere. Senza di questo lo svelamento di una materialità radicalmente diversa da quella presentata potrebbe determinare una consapevolezza a livello di massa di qual è la natura della contraddizione: è questo secondo me il compito fondamentale che hanno i compagni oggi.
Occorre quindi una capacità altissima di demistificazione di massa di quest'operazione. Se non sappiamo fare i conti con queste cose io credo che non solamente non sapremo riprendere quello che è stato interrotto (innanzi tutto per colpa nostra, poi per quello che è successo), che di attuale ci viene dal passato e che facciamo finta che non ci interessi, ma il riprendere sull'oggi cicli di lotta di classe diventerebbe assolutamente illusorio, demagogia pura e semplice, oppure auto-rappresentazione. Se larghi strati di massa non sono capaci di fare i conti insieme a noi (non dico per merito nostro, ma assolutamente insieme ai compagni) con questa grande mistificazione, ultra-articolata, che viaggia insieme alla raffinazione dei sistemi disciplinari, andremo incontro ad un periodo di normalizzazione abbastanza lungo e ad uno scenario di sistematica e quotidiana anticipazione dei cicli di conflitto, e della loro immediata repressione. Sarà una repressione che non chiamerei nemmeno più così, perché non apparirà tale: non sembrerà la repressione del legittimo diritto al conflitto, ma semplicemente la normalizzazione di un'anomalia, di qualcosa che sfugge alle regole delle compatibilità perché non è in grado di capire quanto oggi lo scenario sia effettivamente democratico, valorizzante eccetera eccetera; quindi andrà riportata alla normalità quasi in silenzio, non credo che sempre più avranno bisogno di spettacolarizzare questi interventi, saranno il più possibile fatti in punta di piedi. Saranno sistematici micro-interventi (o anche macro-interventi se qualche volta sarà indispensabile) di altissima violenza, ma quasi inavvertibili; sarà dispiegata invece un'operazione di grande, capillare, penetrante legittimazione della mistificazione di un modello nuovo come unica speranza, quindi tanto debole nella sostanza quanto forte negli strumenti che devono tenerlo in piedi come garanzia fondamentale di stabilità del sistema. Sotto a questa cosa che sembra così impalpabile, che viaggia sull'etere e sui mezzi di comunicazione ma che è peggio di una lastra di granito sul conflitto, sotto a questa mistificazione pesante c'è la materialità di un nuovo proletariato, di un nuovo soggetto produttivo del capitale, che userà la sua intelligenza e le sue risorse di sapere non al proprio servizio.

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