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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 8 FEBBRAIO 2000

L'altra questione è la teoria dell'organizzazione. Pur essendo un pò liquidatorio, mi sembra che quelle sperimentate nel passato non servano più tanto così come erano state elaborate allora: serve invece molto il metodo. O la teoria dell'organizzazione è la capacità del soggetto politico di leggere le trasformazioni nella composizione di classe e di adeguare le proposte organizzative a queste modificazioni, oppure è vetero, riproposizione di vecchi schemi che altri, in altre epoche e con un'altra composizione della classe, hanno magari sperimentato con successo. Questo della teoria dell'organizzazione secondo me è un altro dei temi fondamentali: cosa vuol dire oggi, a fronte di una lettura più attenta e più adeguata della composizione di classe, non dico pensare ad una teoria compiuta dell'organizzazione, tanto meno ad una teoria della rivoluzione (il che è ancora più complicato); ma che cosa voglia dire pensare ad alcuni passaggi di teoria dell'organizzazione adeguata. Secondo me questo è un altro insegnamento fondamentale. Se oggi noi ci poniamo il problema della ricomposizione, del contatto con i nuovi soggetti, della capacità di aggregazione e di costruire e sperimentare passaggi di conflitto significativi, e non siamo in grado di fare i conti con i bisogni e il modo con cui si ascolta oggi la proposta politica, non possiamo uscire fuori dal nostro isolamento culturale. Se c'è un'esperienza di quegli anni che può dare un grande insegnamento è stata la capacità, in parte anche del nostro ambito, di non predeterminare un percorso teorico in maniera compiuta, di provare a costruirlo quasi come se il lavoro politico fosse anche un laboratorio di sperimentazione; certamente questo era affiancato, almeno con i limiti soggettivi che c'erano allora, anche da un relativo rigore nella nostra discussione teorica. Molte cose nascevano anche dall'esperienza pratica e concreta, molte intuizioni venivano fuori dal nostro fare politica. Secondo me gli anni in cui noi parlavamo, anche un po' forzatamente, dello sciogliersi nel movimento ci hanno insegnato a capire molto di questa nuova composizione che già c'era. Si tratta della composizione con cui facciamo i conti oggi: allora cominciava ad affacciarsi sul mercato del lavoro, le nuove generazioni iniziavano ad entrarvi con un livello di scolarizzazione e ambizioni più alte. Dall'altra parte c'era una riorganizzazione del mercato del lavoro che aspettava queste generazioni in maniera diversa: non con gli uffici di collocamento, con le pure e semplici clientele per distribuire i posti di lavoro, ma su un terreno di maggiore incertezza rispetto alle garanzie tradizionali e con maggiori promesse dal punto di vista della possibilità di affermazione individuale. La grande illusione era nata allora, anche come propaganda, come cultura di massa.
Se poi vogliamo invece vedere gli aspetti più negativi dell'esperienza degli anni '70, direi che le condizioni di quel movimento, tra l'altro lette in maniera un po' troppo ideologica, che facevano pensare alla possibilità di tempi accelerati di uno scontro radicale con il potere, non solo non ci sono più, ossia c'è stata una sconfitta anche politica grossa, ma erano di radicale diversità rispetto a quelle che abbiamo oggi. Si trattava di un movimento di massa trasversale, molto eterogeneo, con una composizione che andava dagli operai della grande fabbrica fino alla marginalità di quartiere. Non solo non c'era una centralità di un soggetto, ma addirittura non si comprendeva esattamente la valenza dei nuovi soggetti, che tante volte venivano considerati come marginalità pura e semplice, e non si capiva ancora bene che, nonostante il sopravvivere del suo fascino, la classe operaia della grande fabbrica non era più in grado di tirare lo scontro. Da questo punto di vista c'era dunque un po' di confusione, ma c'era questo elemento di trasversalità della presenza di soggetti all'interno del movimento. Oggi, secondo me, sia la composizione di classe sia quella del movimento, di ciò che si muove, è cambiata perché davvero c'è stata una liquidazione molto evidente dei vecchi soggetti, del loro ruolo politico. Dall'altra parte, a mio parere, si stanno delineando in maniera più chiara le fisionomie dei nuovi soggetti: allora erano in nuce, in formazione, addirittura non avevano neanche dei cicli di lotta propri che li caratterizzassero. Oggi invece ci sono state esperienze, in Europa abbastanza limitate, con la novità di essere gestite da soggetti completamente nuovi rispetto a chi tirava le lotte negli anni passati. Questa cosa ci fa pensare che da una parte il capitale non si è fermato, ha continuato a lavorare assiduamente nel formare i soggetti di produzione che gli servivano e gli servono, e che dall'altra hanno cominciato ad emergere anche alcune risposte dei nuovi soggetti, anche se deboli, parziali, frammentarie, sicuramente non organizzate adeguatamente.

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