>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorsi successivi alla fine dell'esperienza politica
(pag. 1)

> Provincia e metropoli
(pag. 6)

> Dove è finita quella ricchezza politica soggettiva...
(pag. 8)

INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA
(CON ALCUNI INTERVENTI DI PAOLO SCHIAVONE) - 24 GENNAIO 2000

Io sono convinto che uno degli elementi davvero devastanti di questo maledetto discorso del lavoro autonomo sia proprio questo. Si vive l'illusione che dentro all'autoimprenditorialità ci stiano i percorsi alternativi, e allora bisogna dirlo: "Io sto facendo politica perché, a partire dall'accettazione di regole squisitamente capitalistiche, di mercato, io vado a conquistarmi la possibilità di intraprendere, partendo dalla mia materialità, degli embrioni di percorsi alternativi dentro ai quali convoglierò altre soggettività". Ma questo da una parte è meccanicismo, dall'altra, forse peggio ancora, è il volersi lavare la coscienza; questa può essere una categoria morale, ma ancora peggio è volere legittimare l'illusione che i percorsi individuali in qualche modo oggi abbiano la potenzialità di generalizzarsi, di diventare collettivi, pur andando avanti per adesso sul terreno individuale. Secondo me sono tutte balle, che vanno affrontate in maniera forte in termini politici: io dico, per me personalmente, che il lavoro autonomo, cioè il dover fare i conti con il reddito solo su sé stessi e non su garanzie esterne, fa sì che le risorse soggettive di chi è inserito in questo meccanismo siano risorse che renderebbero l'impegno qualcosa di difficilmente rispettabile e generalizzabile. Questo perché chi ha fatto, volente o nolente (ed io ero solo nolente più che volente), questo tipo di scelta (e sono tanti i compagni che sono in questa condizione) si ritrova oggi ad avere l'organizzazione del suo tempo spaventosamente pianificata dall'esterno. Altro che lo straordinario obbligatorio! E' ridicolo, quello per me sarebbe il paradiso oggi, perché so che oltre un certo limite non si sarebbe potuto andare. Noi siamo di fronte ad una giornata lavorativa sociale nell'intero arco delle 24 ore subordinabile al lavoro. Questa è una cosa spaventosa se non viene aggredita in termini politici, e in termini politici collettivi. Si tratta della solitudine dentro ad un reparto senza confini: questa è una cosa con cui io mi misuro tutti i giorni. Anch'io mi dicevo che la fatica di questa esperienza mi da oggi la possibilità di pensare ad alcuni spazi in cui io sono in grado di autodeterminare le cose, ma è come se io dicessi: "Sono un operaio di catena di montaggio e risparmiando i soldini del mio salario sono riuscito ad avere la casetta in montagna dove riesco ad andare tre volte all'anno e là respiro l'aria pura e faccio quello che voglio: poi per il resto dell'anno torno giù in reparto"!
E' vero che sono iniziative che hanno una valenza diversa: io oggi nella mia struttura posso decidere di fare un libro e di farlo uscire finito, ma è un lusso che passa attraverso una quotidianità di lacrime e sangue, come direbbe Churchill. E' vero che è un'esperienza, ma mi sembrerebbe di fare un discorso di recupero di positività dentro ad uno scenario assolutamente negativo. E' vero che ci sono delle professionalità, delle competenze, anche delle strumentazioni tecnologiche che se il movimento mi chiedesse di poterle usare sono qui a disposizione, lo abbiamo già fatto diverse volte dando una mano ai compagni a fare uscire in maniera più decente giornali, riviste, materiali politici: ma che prezzo paga il soggetto politico che sta qui dentro, il compagno che non ci crede nel suo ruolo di autoimprenditorialità? Paga un prezzo che è spropositatamente più alto: meglio fare la colletta da salariati per pagare un libro piuttosto che darlo gratis ai compagni pagando questo prezzo! Ma questo è il problema più generale del lavoro autonomo, di quelle che sono oggi le contraddizioni del nuovo soggetto produttivo capitalistico di cui facciamo parte.

PAOLO: Secondo me la categoria del tempo, che oggi è sicuramente trasversale rispetto alla moltitudine, c'entra molto con la soggettività politica. Fare politica richiede del tempo: una delle grandi differenze rispetto al passato è che allora c'era una soggettività che dal punto di vista generazionale era composta da giovani e studenti, quindi avevano sicuramente una maggiore disponibilità di tempo, per cui la costruzione di percorsi quotidiani era sostanzialmente più semplice. Oggi anche il fare politica deve fare i conti con i ritmi di vita e quindi questa sottrazione di tempo da una parte per spostarlo da un'altra diventa una cosa importante anche per la soggettività politica. Probabilmente anche rispetto al ragionamento che Ferruccio faceva sui vecchi compagni, c'è secondo me un'altra cosa: la paura della politica, che diventa una bestia nera, e ce l'hanno anche coloro i quali hanno avuto un loro percorso alle spalle. Non è solo il problema della repressione, si tratta di una questione più complessa. Certo, ci fu anche quella, l'aspetto di deterrenza della repressione.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.