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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA
(CON ALCUNI INTERVENTI DI PAOLO SCHIAVONE) - 24 GENNAIO 2000

FERRUCCIO: Come già avevo detto, l'operazione repressiva nei nostri territori (considerando la Lombardia) sul fronte autonomo, se era stata devastante per il cedimento della soggettività a Milano, in provincia ha prodotto una decapitazione del quadro dirigente. Questa decapitazione non ha fatto schiantare l'organismo complessivo che è rimasto in piedi: non è stato in grado, pur avendone le risorse, di rigenerarsi, di essere soggetto costituente di una ripresa, neanche in provincia. Ma, ripeto, con il grave handicap di una metropoli milanese completamente azzerata, o quasi, sul piano dell'antagonismo.

PAOLO: Forse faceva eccezione Varese città, dove anche lì c'è stata una devastazione dovuta anche alla composizione della soggettività politica.

FERRUCCIO: A Varese c'era una parte dell'Autonomia che era entrata nelle organizzazioni combattenti e anche lì si era poi fatto i conti con il disastro dei dissociati e dei pentiti.


Secondo te dov'è finita tutta quella ricchezza politica soggettiva, intellettuale e militante? C'è stata la repressione, c'è stata la paura della repressione ed anche quella che tu definivi una paura politica da parte di chi non è andato in carcere nel dover fare i conti con il vuoto degli anni '80: ma possono essere spiegazioni sufficienti?

Io credo che se un compagno, anche dal punto di vista teorico, si stacca da una continuità di ricerca, di riflessione, di confronto paga un prezzo molto elevato. Non c'è niente da fare: ci deve essere l'elemento della continuità non solamente nella militanza politica ma anche nella riflessione teorica. L'elemento della continuità della ricerca e del confronto è un terreno fondamentale. Quindi è una soggettività che ha avuto una diaspora forte. In parte ha fatto la scelta dell'opportunismo (sarà una categoria vecchia ma io continuo a chiamarlo così) ed è passata dall'altra parte, per dirla chiaramente: è entrata nelle strutture dirigenti del sindacato, del PCI o, peggio ancora, ha fatto carriera nelle strutture delle nuove aziende postfordiste, del terziario e dei servizi, si è messa in proprio in maniera consapevole e culturalmente voluta. Ha quindi detto: "Quella è stata una parentesi della mia vita che si è chiusa". Chi ha fatto questa scelta non erano semplicemente i meno determinati e i meno preparati dal punto di vista teorico e politico, ma l'hanno fatta con altrettanta consapevolezza anche molti compagni che avevano svolto un ruolo importante. Io dico che hanno fatto una scelta di classe, una scelta di campo ben precisa, sono passati dall'altra parte. Per quanto riguarda chi non lo ha fatto, sono convinto che c'è ancora. Ogni tanto ci capitano ancora dei momenti di incontro. Ma cos'è che manca realmente perché questa soggettività vada alla verifica sulla sua esistenza come tensione politica? Manca il fatto che qualcuno non dico che debba fare come con i compagni di classe che dopo dieci anni c'è qualcuno che alza il telefono e invita a cena, ma nemmeno tanto distante. Io sono convinto che se ci fosse un livello di determinazione da questo punto di vista raccoglieremmo sicuramente attorno al tavolo diversi compagni, ne sono certo: ma bisognerebbe che questo appello fosse legato ad una volontà, anche di pochi, di ripresa di un tavolo di discussione continuativa. Dovrebbe essere una determinazione di questo genere, perché se è solamente un provare a sentire tra vecchi compagni che si ritrovano cosa ne pensiamo del mondo, non so a che cosa possa servire, mi viene da piangere quasi solo a pensarci: neanche nelle associazioni "ex combattenti e reduci" succedono queste cose qui. Per cui ciò ha senso dentro ad una nuova curiosità collettiva, ma una curiosità politica, di chi vuole capire ma andando dentro al territorio a curiosare, quindi muovendosi in esso con strumenti come riviste, inchieste, anche intervento politico, senza esagerare, anche solamente quello di fare una battaglia intelligente sul terreno della comunicazione. Secondo me si raccoglierebbe tantissimo. Un organo di comunicazione oggi capace di provocare sul territorio su quello che accade quotidianamente farebbe grandi cose. Questo non si fa, e ognuno di noi dovrebbe parlare per sé.

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