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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA
(CON ALCUNI INTERVENTI DI PAOLO SCHIAVONE) - 24 GENNAIO 2000

Una parte dei compagni dell'Autonomia che erano usciti dal carcere aveva dunque trovato un momento di discussione e parziale ricomposizione oppure no?

Teniamo conto che dal punto di vista degli effetti della repressione Milano è stata letteralmente devastata: ha avuto la quota ultramaggioritaria dei detenuti politici scivolati sul terreno del pentitismo e della dissociazione o, nella migliore delle ipotesi, quelli che sono stati dentro poco, per questioni marginali, scomparsi nel nulla dopo la paura del carcere. Comunque fu veramente un effetto-napalm che forse in nessun'altra città è stato così devastante come a Milano. Il pentitismo ha prodotto a Milano dal 7 aprile in avanti ondate di arresti di massa bestiali, si andava dentro a grappoli in carcere. E devo dire che la tenuta è stata disastrosa: nel nostro processo eravamo 184 imputati, e ricontandoci solo una decina siamo stati quelli che non si sono né dissociati né pentiti. E questo in generale accadde in tutti processi, figuriamoci poi in quelli delle organizzazioni combattenti con disastri a non finire. Quindi il soggetto politico dell'Autonomia era scomparso, il quadro dirigente addirittura inesistente: della nostra vecchia esperienza, quindi di Rosso a livello metropolitano milanese, erano rimaste due o tre persone, dunque fu veramente una distruzione totale. Molti erano riusciti anche ad andarsene via e a non essere arrestati, ad evitare il carcere, e sono ancora in esilio. Però per quelli che sono rimasti non possiamo dire che quello della ricomposizione del soggetto politico dell'Autonomia fosse un problema, perché non c'era il soggetto politico. Erano tutti compagni che avevano vissuto le lotte degli anni '80, dentro a questa situazione blindata che c'era a livello nazionale; quel poco di movimento e di lotte che ci furono, alcune anche significative, come le occupazioni, è stato il terreno di esperienza di questa nuova soggettività politica. Ma ancora una volta anche in quegli anni, come nel passato, le lacerazioni avevano una capacità di devastazione nella dialettica politica tra le avanguardie tale che il vuoto teorico e di progettualità non bastava a far dire: "Smettiamola". E le lacerazioni, anche interpersonali, erano molto profonde, costruite nel decennio degli anni '80 per molti versi, mentre il vecchio gruppo dirigente e i vecchi militanti erano in carcere o in esilio. Io l'ho verificato di persona, perché insieme ai compagni con cui discutevo in quel periodo abbiamo cercato di rimettere insieme la soggettività politica a Milano: avremo anche sbagliato ad essere così ottimisti e possibilisti, ma abbiamo trovato nei rapporti tra i compagni ferite sanguinanti che hanno radicalmente impedito la ricomposizione. Io da questo punto di vista mi sbilancio sulla valutazione positiva, ma penso che se quel tentativo di ricomposizione avesse funzionato, rimettendo insieme un luogo di discussione politica interamente soggettivo, avrebbe probabilmente dato a Milano una possibilità di rilancio dell'iniziativa politica. Ero molto ottimista in quel momento: purtroppo, ed io stesso sono stato coinvolto nel fallimento di questa operazione, non ne siamo stati capaci. E devo dire che per me solo in epoca successiva è stato possibile capire che non era tutta stupidità quella alla base di questo insuccesso: c'erano davvero delle lacerazioni profonde che probabilmente era un po' troppo ambizioso pensare di ricucire. Noi ci credevamo perché pensavamo che la politica fosse tutto sommato ancora la cosa più importante in quel momento, ma non era così, non è mai stato così neanche ai miei tempi e non era evidentemente così nemmeno negli anni '80.

PAOLO: Secondo me c'è una cosa in più. Ripensandoci credo che fondamentalmente ci fossero anche questo tipo di problemi. Negli anni '80 ci sono stati momenti grossi e significativi dal punto di vista della ripresa e della riorganizzazione del movimento. Il primo passaggio è costituito da tutte le lotte su Comiso e le produzioni di morte nell'83. Un secondo passaggio è arrivato con il movimento degli studenti nell'85, che ha sviluppato, anche da un punto di vista generazionale, gli ambiti di movimento. Per Milano tra l'altro in questi primi cinque anni è andato scomparendo tutto quello che c'era prima ed è rimasta come unica realtà, dal punto di vista delle situazioni autonome, via dei Transiti, era lì che ci si vedeva. Non è stato poi così successivamente, ma nella prima metà degli anni '80 tutti i collettivi autonomi si sono definitivamente sciolti e quello che ne è rimasto era in quest'unica struttura. Gli altri momenti grossi e significativi erano legati alla battaglia sui centri sociali che come coordinamento dei collettivi autonomi avevamo lanciato più o meno dall'86 all'88 con una serie di occupazioni tutte finite con lo sgombero e con la successiva decisione di entrare all'interno del Leoncavallo. Anche questa fu una decisione politica, non è che sia successo per caso; tra l'altro con una battaglia politica con chi allora gestiva il Leoncavallo, quindi con altre componenti politiche. L'ultima grossa questione è quella sul nucleare.

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