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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 10 GENNAIO 2000

Questo è avvenuto, anche qui, in un arco di tempo brevissimo, perché se il '79 con il 7 aprile è stata la prima grande operazione di arresti di massa, diciamo che nell'81-'82 già si chiudeva la possibilità di un movimento dei detenuti politici, già era iniziata la parabola discendente della dissociazione. In questo senso il famoso documento dei 51 di Rebibbia fu secondo me l'ultimo tentativo di dare veste politica e quindi di massa a questa operazione. Noi eravamo molto critici: con i 51 di Rebibbia ci scrivemmo numerose lettere, la nostra principale obiezione fu di dire: "Noi non possiamo incalzare l'area combattente affermando o con noi oppure siete speculari allo Stato, ne siete l'altra faccia, è una guerra privata tra ceti politici che non ci interessa", perché posta in questi termini qui la possibilità di costruire un movimento all'interno delle carceri diventava quasi impossibile. Chi ci avrebbe ascoltato? Eravamo davvero in pochi a fare questa battaglia. Loro invece dissero: "Non c'è altra possibilità che questo fronteggiamento pesante e durissimo, perché altrimenti ricadiamo nel tranello dell'egemonia combattente anche all'interno delle carceri, e quindi passa la logica della rivolta, passa la logica della sovradeterminazione sul movimento dei detenuti, passa di nuovo la logica combattente anche all'interno delle galere". Sostenevano dunque la necessità di uscire fuori da questa logica in maniera dura e pesante, dicendo alle formazioni combattenti: "Voi in questo modo non siete che l'altra faccia di un'eguale violenza, quella di due ceti politici, da una parte quello che si dice rivoluzionario e dall'altra quello dello Stato". Contro questa operazione noi prendemmo subito posizione, e fu la ragione per cui loro ad un certo punto smisero di sostenere la polemica politica con noi, perché dissero che non avrebbero più aspettato: era infatti questa una fase preliminare all'uscita del documento, la fase della polemica politica all'interno dell'area dell'Autonomia. A quel punto loro fecero quel che fecero e noi continuammo imperterriti ancora più Don Chisciotte di prima. Organizzammo numerose lotte all'interno del carcere, con i detenuti politici e con i detenuti comuni; ma ormai i processi di desolidarizzazione erano avanzatissimi, vedevamo i ragazzi all'interno del carcere che cedevano a vista d'occhio, non avevano più motivazioni, non c'era più niente che stimolasse all'unità e alla lotta, sembrava proprio la ritirata di Russia.


Facciamo un passo indietro. In questi tempi brevi e di sostanziale compressione del percorso del movimento dell'Autonomia, il '77 in maniera molto riduttiva è diventato l'anno simbolo nell'immaginario comune: quali sono state le differenze sostanziali tra i '77 di Roma, Bologna e Milano? E quanto tali differenze hanno inciso all'interno del dibattito nell'area e in quella che schematicamente si può definire una divisione interna tra chi spingeva per un discorso di organizzazione dei rapporti di forza adeguato allo scontro di classe e chi vedeva in questa posizione il rischio della militarizzazione del conflitto e quindi di un'eccessiva contiguità con la lotta armata e le formazioni combattenti?

Il '77 non è che fosse l'anno in cui si andava ad una verifica di percorsi teorici e politici vissuti: dietro alle spalle c'erano gli anni della crisi dei gruppi e quelli del nuovo movimento diffuso, quindi non c'era nessuno che potesse avanzare, se non sul piano teorico, delle ipotesi vincenti di teoria generale dell'organizzazione. C'erano diverse posizioni che facevano un pò acqua da tutte le parti, non erano ben definite, e quindi anche lo scontro tra queste posizioni non era uno scontro di egemonia articolato, ben sostenuto dal punto di vista dello sforzo teorico. Addirittura secondo me le posizioni precostituite prevalevano rispetto alla volontà di capire e di confrontarsi; erano vizi del ceto politico dirigente, che aveva comunque una storia lunga, non erano ragazzini, ed era una storia anche di antagonismi, di contrapposizioni, di primati, di ruoli di primedonne. Basti pensare al fatto che diverse formazioni dell'Autonomia avevano un atteggiamento di preclusione nei confronti di Rosso semplicemente perché c'era Negri. L'accettazione di figure carismatiche, di leadership, era una problema grosso.

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