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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 10 GENNAIO 2000

Fatto sta che in quegli anni anche la scelta di stringere dal punto di vista organizzativo, cioè di fare in modo che la visibilità di un percorso di organizzazione fosse più forte e immediata, in grado anche di sostenere il confronto con altre organizzazioni, diventava un problema all'ordine del giorno. E in quegli anni, oltre al grave errore di una forzatura sul movimento secondo me ancora un pò fuori dal tempo, ci fu l'altro errore ancora più grave dell'incapacità delle frazioni in fase di organizzazione dell'Autonomia di sostenere un confronto tra di loro e dare una risposta a livello nazionale sui passaggi e sul processo di organizzazione: ogni orto costruiva il recinto e sosteneva di essere il più bello. Detta così può sembrare più una valutazione etica, in realtà era un forte irrigidimento teorico e politico, con una scarsa disponibilità, anche a livello di gruppi dirigenti, al confronto reale sia sul piano teorico che su quello delle strutture organizzative, e quindi anche sul piano del programma minimo. Per superare le differenze di posizioni teoriche che c'erano non ci fu un'adeguata tensione unitaria, e quindi una polemica addirittura più alta semmai. Questa cosa io l'ho verificata di persona nelle discussioni a livello nazionale in cui ci si cercava di confrontare su questi temi e anche noi che facevamo riferimento a Rosso non siamo stati capaci di dare una battaglia politico-teorica adeguata, anche noi siamo caduti nel trabocchetto del "va bene se non riusciamo a metterci d'accordo, ognuno vada avanti con il suo progetto e vedremo alla prova pratica chi ce la farà". Non dimentichiamo anche qui il fattore tempo, perché se il '77 è stato quell'anno un pò più simbolicamente legato al tentativo di dare una svolta organizzativa alle grosse realtà di movimento che c'erano, non dimentichiamo che il '78 è l'anno del rapimento di Moro, che il '79 è il 7 aprile: quindi, ancora scarti di tempo vicinissimi. Nell'80 si è poi dispiegata la grande offensiva dello Stato, iniziata già nel '79: ma in quell'anno ci furono arresti di massa, migliaia di compagni in galera.
Quindi, che cosa si può dire di un'esperienza vissuta a quel tempo? E' un'esperienza che è vissuta sì nella realtà concreta dello scontro di classe, ma è vissuta più sul piano dell'elaborazione teorica e del dibattito politico, perché una vera esperienza di radicamento non la si può costruire in quel lasso di tempo. Per questo dicevo che l'errore grave fu l'incapacità dei gruppi dirigenti dell'Autonomia di costruire processi di unificazione anche partendo dai programmi minimi. Facevamo i conti con uno Stato che era sicuramente disorientato ed io sono convinto che abbia avuto paura di quel movimento, tanto è vero che la sua non è stata una grande risposta dal punto di vista politico ma è stata una risposta di forza, con soggetti in campo ben precisi, Partito Comunista e sindacato in veste di gendarme sul fronte sociale: delazioni in fabbrica, repressione, anticomunismo viscerale, giudici, soprattutto quelli legati alla sinistra, con una grande delega dello Stato a far politica quindi a gestire la costruzione della nemicità del movimento. Ciò veniva davvero fatta dalla magistratura: questi teoremi di cui si parlava, Calogero piuttosto che altri, erano teoremi politici, il tentativo di far rientrare in categorie giudiziarie un'esperienza comunque che non poteva starci dentro, anche quella lotta-armatista pura non ci stava dentro. Ma tutto veniva ridotto attraverso la magistratura a piramidi, a macchine da guerra, alla descrizione di carri armati, per cui c'era il comandante del carro armato, il cannone, i gregari eccetera eccetera: era tutto descritto in questo modo qua. Ricordo che Bocca diceva in quegli anni: "O noi dalla nostra parte siamo in grado di sostenere una sfida politica con questo movimento e quindi di dire che la democrazia, la dialettica democratica, anche il conflitto ma compatibile con la dialettica democratica, è un campo su cui possiamo misurarci e uscirne vittoriosi noi convincendo loro che è un terreno di cambiamento e di trasformazione che paga; oppure li prendiamo a sberle, ma in questo caso non è una vittoria politica ma è la vittoria di una forza preponderante". Ma il disorientamento dello Stato in quel periodo secondo me è leggibile proprio lì, nel fatto che c'è stato un tipo di risposta sbilanciata sul terreno del politico-militare più che del politico, e tutti i soggetti in campo hanno lavorato più su un terreno di repressione e di criminalizzazione che di sfida politica. Ricordo che anche nelle fabbriche, dove avevamo molto radicamento, la battaglia con gli operai nelle assemblee si faceva dentro ad una logica terroristica.

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