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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 10 GENNAIO 2000

Gli anni dalla fine dei '60 ai primi '70 sono stati quelli di maggior sviluppo e rafforzamento dei gruppi della sinistra extraparlamentare: però, pur corteggiandomi, perché all'interno della scuola ero già da ragazzino politicamente capace (intervenivo nelle assemblee, portavo gli studenti in piazza eccetera), non mi avevano mai convinto ad entrare organicamente, nemmeno la FGCI. Io ero un pò un cane sciolto da questo punto di vista. Mi sono avvicinato negli ultimi anni delle scuole superiori, quindi primi anni '70, ad uno dei gruppi più piccoli della sinistra extra-parlamentare, il Gruppo Gramsci, che aveva un radicamento forte nel varesotto ed in parte anche a Milano: ci fu addirittura una fase in cui il confronto di leadership nell'università fra il Gruppo Gramsci e Capanna era ad un livello alto, quasi da egemonia nel movimento studentesco. Poi le cose sono andate ridimensionandosi e il Gruppo Gramsci è rimasto un gruppo piccolo, forte dal punto di vista intellettuale perché aveva al suo interno uomini che poi sono diventati grandi ricercatori, docenti universitari ecc.: si pensi ancor oggi a Marazzi, Migliarina, Màdera (che è uno dei fondatori), e altri ancora. Mi sono avvicinato proprio negli anni in cui c'era la crisi dei gruppi ed il Gruppo Gramsci stava lavorando sulle tesi dello scioglimento, sulla critica della logica del gruppo e sulla proposta di sperimentare una fase di movimento aperta e ampia per poi ridiscutere i temi dell'organizzazione, del partito, della rivoluzione e chi più ne ha più ne metta. Quindi, ho partecipato alla vita di questo gruppo proprio nella fase finale e sono entrato nella discussione sulle tesi di scioglimento. Lo scioglimento del Gruppo Gramsci è coinciso con lo scioglimento di Potere Operaio, e della parte di Potere Operaio più legata a Negri e non a Scalzone. E furono proprio i dirigenti del Gruppo Gramsci e di Potere Operaio ad incontrarsi per primi su questo terreno dell'autonomia diffusa, dell'autonomia come movimento, in pratica del movimento dell'Autonomia Operaia. Quasi immediatamente dunque, scioltisi i gruppi, sciolti Potere Operaio e il Gruppo Gramsci, ci fu questo tavolo comune di discussione e di costruzione del movimento dell'Autonomia Operaia. Fu lì il momento più importante dal punto di vista dell'elaborazione teorica, a cui cominciai a partecipare quando ero un ragazzo non ancora ventenne, studente delle superiori; e da allora ho seguito tutte le a fasi di sperimentazione dell'autonomia diffusa, quindi di Rosso dentro il movimento. Rosso era il giornale del Gruppo Gramsci, era l'organo del partito, ed era diventato poi il giornale del movimento: Rosso dentro il movimento era uno strumento alla cui redazione partecipavano dirigenti e militanti sia del Gruppo Gramsci che di Potere Operaio, quindi c'erano Negri, Bonomi e tanti altri compagni. Noi nel frattempo avevamo cominciato a lavorare nel territorio delle province di Varese e di Como per costruire il movimento dell'Autonomia, ed io ho seguito nella mia storia di militante politico soprattutto queste due province. Infatti mi ero nel frattempo spostato dalla provincia di Bergamo a questa zona, seguendo le traiettorie della crisi dell'industria tessile dove mio padre era impiegato, ed ero finito a risiedere a Seveso e a frequentare le scuole a Saronno, dove c'era un istituto tecnico in cui io ho concluso gli studi. Ho dunque vissuto nei primi anni '70 la conoscenza del Gruppo Gramsci nel varesotto, dove c'erano molti collettivi forti. Ho cominciato a lavorare su quel territorio prima di tutto sulle scuole, costruendo collettivi studenteschi: abbiamo cominciato a lavorare sul sociale, sulle fabbriche, costruendo veri e propri organismi autonomi in tutta la provincia di Varese e di Como. Ma parliamo di un arco di tempo estremamente stretto: basti pensare che dalla fine degli anni '60 alla seconda degli anni '70, quindi 8-9 anni, c'è stato il '68-'69, c'è stata la crisi dei gruppi, c'è stata la prima sperimentazione dell'Autonomia intesa come movimento, nuovo soggetto, c'è stato il '77 e Bologna. C'è stato insomma una parabola che ha attraversato tutti questi avvenimenti. Quindi, già questi tempi brevissimi e velocissimi lasciano trarre alcune considerazioni politiche importanti: l'esperienza del movimento dell'Autonomia Operaia doveva essere più lunga e più vissuta, lo sforzo di stringere e di costruire una teoria dell'organizzazione nuova fu più incalzato dall'affermazione delle formazioni combattenti piuttosto che dalla maturità vera del movimento che era davvero enorme ma ancora in fasce, appena nato anche se già di dimensioni gigantesche, perché nel '77 eravamo davvero in 150.000 in piazza a Bologna, in quel convegno c'era una tensione altissima, una partecipazione di massa molto forte.

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