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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 10 GENNAIO 2000

Questa cosa qui divenne uno dei terreni di scontro più grossi nei processi politici milanesi, perché non ci si spiegava come mai da una parte ci fu una tenuta e dall'altra parte ci fu invece una valanga. Ma quella fu secondo me una tenuta dovuta al fatto che fu arrestato davvero il gruppo dirigente e che questo, per l'età e la storia che aveva, fu in grado di tenere, nonostante tutti i tentativi fatti per piegare anche noi. Ma sicuramente la rottura anche soltanto di uno degli elementi del gruppo dirigente avrebbe innescato immediatamente un meccanismo a valanga, perché non era vero che la maturità del soggetto politico-sociale aggregato da noi fosse tanto più alta di quella metropolitana; non potevano certo andare a raccontare di avere sparato a qualcuno, questo è poco ma sicuro, ma la tenuta di fronte alle manette sarebbe stato un grosso problema per tutti. Era un movimento davvero giovane, il fatto che il gruppo dirigente non abbia avuto nessuna défaillance ha isolato l'operazione: la rabbia più grossa di Spataro nei nostri confronti fu quella di non riuscire ad andare oltre a noi.


A questo proposito, qual è la differenza tra l'attività politica nella metropoli, quindi a Milano, e quella nella provincia, non solo dal punto di vista del tessuto sociale, ma anche rispetto al radicamento, alla formazione, alla militanza?

Probabilmente fare lavoro politico a Milano era ed è tutt'oggi molto difficile, nel senso che anche l'essere forti in una fabbrica poteva voler dire molto sulla fabbrica stessa ma poco sulla città. Era davvero importante a Milano essere in grado nello stesso tempo di essere forti nei singoli punti di lavoro politico (nei quartieri, nelle scuole, nelle fabbriche) ma essere anche capaci di giocare il proprio ruolo sulla piazza, quindi l'avere una visibilità di progetto metropolitano. Milano avrebbe così avuto immediatamente una funzione di diffusione di un'ipotesi di organizzazione e di programma di massa, non ancora di progetto rivoluzionario ma di programma massificabile. Per noi era assolutamente importante, non poteva bastare a Milano dire di essere forti alla Sit-Siemens o nelle scuole superiori, bisognava giocarsi sul terreno cittadino. Di questo erano consapevoli tutti, salvo che è stato fatto l'errore appunto di dimenticarsi di quanto era importante la sedimentazione e il radicamento nei singoli punti di intervento e di giocare invece tutto sul terreno della piazza. Da parte nostra invece il fatto di essere dentro a quello che chiamavamo il territorio della fabbrica diffusa, che è il classico territorio della fabbrica moderna, quella postfordista, di adesso, ci metteva di fronte immediatamente alle contraddizioni dell'impossibilità di essere forti nei singoli punti, perché i nostri punti non erano la Sit-Siemens ma la piccola-media fabbrica, le scuole medie superiori di una cittadina, quindi poco contava una forza isolata. Ecco perché noi giocavamo la forza del coordinamento in questo senso qui: forti nelle singole situazioni per lanciare anche campagne e iniziative di ampio territorio. E questa cosa ci faceva anche pensare di influenzare o comunque di poterci dialettizzare con Milano, con la metropoli, facendo capire anche quanto era importante l'altro versante del lavoro politico, quello della quotidianità dentro ai territori. E dicevamo che Milano è un concentrato di territori, un ospedale, una fabbrica, l'altra fabbrica lì vicino, l'ospedale attaccato alla fabbrica, il quartiere attaccato all'ospedale eccetera eccetera. Questa cosa ha reso possibile il nostro lavoro anche perché non facevamo i conti con altre formazioni: è vero ad esempio che un'organizzazione militare come le FCC (Formazioni Combattenti Comuniste), quelle che facevano riferimento ad Alunni per intenderci, è nata anche nella provincia di Varese e quindi molti militanti sono andati lì: ma tolti loro e rinserrate le file delle strutture di massa non avevamo antagonisti, non c'era nessuno in grado di mettere in difficoltà il nostro lavoro quotidiano, non c'era nessuno che forzasse sul lotta-armatismo nei nostri territori, anzi eravamo noi le strutture più militanti, anche dal punto di vista dell'esemplarità del ruolo della soggettività politica eravamo noi a giocarlo. Ripeto, questa è stata la rabbia dei pubblici ministeri, l'impunità totale sugli episodi di illegalità della provincia di Varese e di Como.

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