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INTERVISTA A MASSIMO DE ANGELIS - 1 LUGLIO 2001


Ora, è possibile a mio avviso integrare questa lettura sociologia e strategica della storia di Mann, con quella dell'autonomist marxism e di altre tradizioni del marxismo aperto, e dell'operaismo italiano e di alcune tendenze post-strutturaliste. Per me questi non sono approcci incompatibili, anzi. Occorre rileggere il testo marxiano non solo in senso filosofico, ma anche strategico, e questo ci dà una prospettiva totalmente diversa del nostro lavoro sia politico che teorico.


Quali sono secondo te gli autori anglosassoni più interessanti nella lettura politica dei principali nodi aperti del presente?


Ho già citato Michael Mann. Il suo lavoro è importante per aiutare a inquadrare in una metodologica strategica il processo di trasformazione sociale. Per lui i networks sono forme organizzative dell'agire umano: sarebbe importante fare del lavoro di ricerca precisamente su fino a che punto i networks mobilitati dal capitale si scontrino con i netwroks costituiti in opposizione a questo, dal punto di vita materiale, culturale e ideologico.
Ma c'è tutta una tradizione marxista specialmente americana, che a me sembra sia poco nota in Italia. Mi riferisco ancora ai lavori di Harry Cleaver e del gruppo di Midnight Notes, George Caffentzis, Silvia Federici e lo storico Peter Linebough. Il loro percorso teorico parte da quel milieu teorico e politico degli anni settanta definito molto in generale come autonomist marxism. Una delle caratteristiche comuni di questi autori, che studiano aree abbastanza diverse tra di loro, è quella di non avere mai abbracciato una definizione di "capitale" in quanto totalità, ma piuttosto come forza sociale che tenta di diventare totalità'. Per questo, nel lavoro teorico di questi autori è sempre presente la problematica strategica e quindi politica. Oggi più che mai, questo approccio è necessario per leggere il presente della globalizzazione e dei movimenti per la costruzione di "un altro mondo." Un'altra caratteristica del lavoro di questi autori è che la "classe" non e' mai data unicamente come prodotto di sue caratteristiche tecnico-sociali omogenee. C'è in questa tradizione una grande sensibilità alle problematiche delle gerarchie all'interno di ciò che chiamiamo con astrazioni teoriche la classe o, oggi, moltitudine. Il riconoscimento di queste gerarchie, di poteri strutturati verticalmente relative all'accesso a risorse sociali quali il salario, ecc., di aspirazioni e bisogni che partono da condizioni specifiche - dalle donne e il loro ruolo e le loro battaglie sul campo della riproduzione, alle masse contadine del sud, e agli operai-massa nei distretti industriali asiatici, ecc. - rende il loro lavoro teorico, storico e politico assai più sensibile all'universo delle aspirazioni e bisogni, e assai più attento al problema del come facilitare l'interazione costitutiva di nuovi rapporti sociali di queste realtà frammentata in gerarchie. In questa tradizione, non ci sono grandi idee che sintetizzano il presente. In questa tradizione non viene tutto sussunto all'interno della categoria del "post-fordismo", o quella dalla "moltitudine", o quella del "lavoro immateriale" o quella dell'"impero". La realtà non solo è assai più complessa di quella che categorie analitiche o teoriche come queste può comprendere. Ma, assai più importante, all'interno dell'odierna fabbrica globale, il post-fordismo non esiste senza il fordismo. Il lavoro salariato non esiste senza la schiavitù. Il lavoro immateriale non esiste senza quello materiale. La differenza all'interno della moltitudine, non esiste senza il carattere unitario del rapporto di queste diverse soggettività nei confronti dell'accumulazione e la sua inesauribile propensione di imporre lavoro astratto che la rende in qualche modo "classe".


Allarghiamo il campo. A livello internazionale, quali sono secondo te le figure e gli autori che toccano i nodi più importanti nella lettura del presente?

Lasciando da parte gli autori anglosassoni, io pensavo a Foucault, che ultimamente mi sono riletto in maniera un po' più sistematica. Foucault secondo me è importantissimo per la comprensione del presente, molto più magari di vent'anni fa, perché la globalizzazione neoliberista degli ultimi vent'anni ha molto a che fare con quei meccanismi disciplinari che cercano di creare e fabbricare norme, etiche, valori. Il mercato globale odierno a me sembra un grande Panopticon, sia dal punto di vista strutturale, che dal punto di vista di direzione strategica. In un mio recente lavoro ho mostrato come una lettura Foucaultiana di Jeremy Bentham e del suo Panopticon, sia assai compatibile con la lettura che Hayek fa del mercato.

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