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INTERVISTA A MASSIMO DE ANGELIS - 1 LUGLIO 2001


Il lavoro politico in questi anni mi ha fatto capire che la vecchia dicotomia tra spontaneità ed organizzazione è una falsa contrapposizione. In realtà, come mi sembra abbia detto Sergio Bologna non mi ricordo dove, la nascita che sembra spontanea di movimenti è sempre il risultato di un lavoro organizzativo molto lungo e capillare. La spontaneità si appoggia sempre su un sostrato materiale, una produzione di significati, comunicazione e rapporti che sono il prodotto di un lungo e capillare processo organizzativo.


C.L.R. James è sicuramente un autore molto importante non solo per quanto riguarda la questione dei neri, ma più in generale per la rielaborazione di alcune categorie (quella del razzismo e dei migranti, ad esempio), e complessivamente per i suoi spunti in termini di proposta politica. In Italia James non è molto conosciuto, di lui è stato tradotto poco (ad esempio "I giacobini neri. La prima rivolta contro l'uomo bianco"). Ci puoi tracciare un breve profilo della sua figura?

Di C.L.R James ho letto un po' di anni fa i testi classici. Più che tracciare un profilo di James, dico quello che mi ha colpito nei primi anni '90: si tratta di questa idea del futuro nel presente, della fattibilità (ma non semplicemente come modello da applicare) di un comunismo qui ed ora. Il futuro, non è una cosa che dobbiamo raggiungere, ma è qui, è presente, il problema è riconoscerlo e costruire su di esso. Non voglio fare un'analisi di C.L.R James, non è un autore che ho studiato sistematicamente, l'ho soltanto incontrato nel mio percorso e mi ha dato degli inputs molto forti, ma questo è il grande messaggio. Un messaggio che in un certo senso è anche in Raya Dunayevskaya, anche lei fra l'altro era collega e collaboratrice di C.L.R James quando si sono divisi con il Socialist Workers Party negli anni '50.Ma anche in Raya Dunayevskaya non c'è solo l'idea del futuro nel presente, che lei pone nei termini di "new beginnings", ma anche l'idea organizzativa di federazione tra comitati dispersi e in qualche misura autonomi, e soprattutto l'importanza che lei da all'ascolto delle aspirazioni dei soggetti reali, di come questo ascolto debba in qualche modo contribuire sia all'elaborazione teorica che a quella più immediatamente di intervento politico. In queste tradizioni, si percepisce nettamente come il futuro della società che vogliamo non è un dato da piano, non è un qualche cosa che lo scriviamo a tavolino, ma è qui, nelle aspirazioni di soggetti reali.
La lettura di questi personaggi ha per me contribuito a spostare l'asse temporale e immaginario del comunismo: non è la terra promessa, il comunismo è una pratica. Tra l'altro ritorno a Marx, il quale parlava del comunismo come il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente: ma che cos'è il movimento? E' la gente in piazza? No, la gente in piazza è ciò che chiamiamo noi sociologicamente movimento, ma il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente non è la dimostrazione di piazza, che chiaramente è importante, ma il processo costitutivo di nuovi rapporti. La borghesia ha fatto fuori la nobiltà alla fine di un lungo processo di costituzione di rapporti reali borghesi, e così per tutte le altre società. Micheal Mann ha scritto un'opera in tre volumi sulle fonti del potere sociale. E' un sociologo della storia molto interessante: al contrario di una certa tradizione marxista parla della società non come dimensione unitaria, ma invece come insieme di networks di potere. Per lui non ha senso di parlare di una "società". Quella che chiamiamo "società" non è altro che un insieme di networks sociali, con poteri differenziati, parecchi che si sovrappongo, alcuni hanno accesso a risorse sociali più di altri, e leggono il reale in maniere che magari si sovrappongono. In questo senso il lavoro sociale è una forma di attività articolata in varie forme di networks sociali. Studiare le forme del lavoro sociale significa studiare l'articolazione di questi networks, la strutturazione di poteri, il rapporto tra networks dati e quelli emergenti. Il processo di trasformazione sociale è poi letto attraverso l'emergere di nuovi networks sociali che si sviluppano all'interno degli interstizi di networks più potenti. E' così che le società nuove emergono, cioè networks dominanti emergono quando quelli che lo erano non riescono più a contenere il potere espresso dalla produzione sociale, ideologica e dell'immaginario di questi networks emergenti.

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