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INTERVISTA A MASSIMO DE ANGELIS - 1 LUGLIO 2001


Dire che il fine diventa mezzo organizzativo, significa partire dal comunismo non come fine futuro, ma mezzo organizzativo del presente. Questo non vuol dire prendere una posizione morale ed etica su questo o quello. Al contrario, è proprio andare oltre la moralità e l'etica. Tornando a Foucault, i meccanismi disciplinari creano l'etica, sono questi che producono i valori come prodotti, regole, e comandamenti dati. Il meccanismo del panottopticon del mercato, la concorrenza diffusa in ogni sfera di vita, contribuisce a riprodurre questi valori, a farci interiorizzare i valori del mercato. Dire che il fine diventa mezzo organizzativo significa proprio costituire nuovi metafini in diretta opposizione a quelli del capitale; significa partire da un altro meccanismo di produzione di valori, significa dire semplicemente che le norme e le regole, invece che il risultato di un meccanismo competitivo astratto ed esterno, sono date dall'interazione diretta di esseri umani. Porre la questione della dignità a partire da soggetti sociali concreti nelle loro differenze è in un certo senso proprio porre la domanda del come interagire con l'altro, e rendere questa domanda un mezzo organizzativo.
Noi pensiamo sempre a partire da valori, da regole, da preconcetti, ma siamo disponibili a sentire la voce dell'altro? E a negoziare in forma di democrazia diretta e di rispetto le regole nuove ascoltando l'altro? Il che vuol dire che le regole stesse, l'etica, le norme sono in continua evoluzione, non è che abbiamo delle regole che vengono date, dei principi santi: no, se io mi immagino una democrazia diretta fatta di molti soggetti sociali, le regole continuano a modificarsi proprio in funzione della nostra cooperazione sociale. La democrazia diretta vuol dire questo, che ci continuiamo a formare i parametri dell'azione, ma formare i parametri dell'azione, del nostro coordinamento sociale significa essere aperti, non ghettizzarsi, non ridicolizzare marginalità ma ascoltarle, questa è la formula organizzativa. Poi chiaramente la questione della dignità ti porta alla questione dei mezzi di esistenza, ai commons: se gli operai o i lavoratori di un certo settore pongono la questione della dignità, pongono la questione del come della produzione, che è fondamentale, è esattamente quello di cui vogliamo parlare. E porre il problema della produzione immediatamente pone due questioni: la questione del rapporto con gli altri, con la società, e porre la questione dell'accesso ai mezzi di produzione per attuare quel come che è esattamente quello che vogliamo, quindi pone la questione dei commons, dell'accesso ai mezzi di produzione. E questo secondo me significa fare del fine, dell'obbiettivo, del comunismo un mezzo organizzativo, perché hai posto la questione comunista partendo da oggi: il punto di partenza è il comunismo, questo non è l'obbiettivo, e questo è il movimento di abolizione dello stato di cose presente.


Il problema è che la soggettività non è un luogo neutro, né tantomeno un outside o qualcosa che in sé è immediatamente antagonista all'esistente. Dopo la sconfitta degli anni '60 e '70, la soggettività proletaria è stata ancor più profondamente colonizzata dal sistema capitalista, nei suoi comportamenti, nella sua cultura, nelle sue concezioni, nei suoi modi di vedere, nei suoi bisogni, finanche talvolta nei suoi desideri. E la soggettività nell'attuale sistema è anch'essa merce, una merce specialissima e indispensabile per l'erogazione di lavoro e quindi di capitale da parte del vivente-umano, che ha quelle facoltà (timiche, cognitive, intellettuali, emotive ecc.) irriducibili alle macchine. Se oggi è cambiata la composizione delle facoltà prevalentemente richieste, non c'è però mai stato, come molti pensano, un periodo in cui l'operaio abbia usato solo le mani e i nervi senza le altre facoltà esclusive del vivente-umano. D'altro canto la società, complessivamente intesa, non è certo un altrove rispetto alla produzione capitalistica; e anche se parliamo di società riproduttiva (di cui il discorso delle comunità è parte) sbaglieremmo di grosso a indicarlo come un outside, potenziale o reale: essa è al contrario il baricentro del capitalismo oggi. Questa soggettività-iperproletaria-merce-specialissima è ambivalentemente formata per i fini sistemici: non può dunque esistere un fuori, ma può invece essere costruito un dentro che, a sua volta ambivalentemente, si pone contro, valorizzando a certi livelli fini un po' più autonomi (quali essi siano è poi tutto da vedere). Per salire di livello è però necessario altro, un progetto di demercificazione della soggettività umana e di delavorizzazione dell'agire del vivente-umano.

Ma la mercificazione non è una dimensione assoluta.

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