>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> C.L.R. James
(pag. 5)

> Autori anglosassoni
(pag. 6)

> Figure di riferimento per il dibattito oggi
(pag. 6)

> Empire
(pag. 8)

> Ambivalenze, dentro e contro
(pag. 12)

> Soggettività e controsoggettività
(pag. 14)

> Potere e posizione di potere
(pag. 16)
INTERVISTA A MASSIMO DE ANGELIS - 1 LUGLIO 2001


Bisogna però stare attenti a guardare i livelli di realtà gerarchici di cui è formato il sistema sociale capitalistico. Dal medio raggio in giù ci sono certamente delle ambivalenze di cui è possibile valorizzare la faccia radicalmente conflittuale con il sistema, il che tuttavia non elimina di per sé l'altra faccia, quella della spinta e dello sviluppo capitalistico. Le lotte stesse, finanche quelle più radicali, mantengono sempre questa ambivalenza: da una parte potenzialità di rottura e formazione di soggettività altra, dall'altra parte muovono il sistema innovandolo. Il discorso cambia nel momento in cui si sale, si incide e si rompe con i livelli alti del sistema, coi suoi macrofini, ossia l'accumulazione di capitale e di dominio. L'ambivalenza è peculiare dei rapporti sociali di questo sistema: a sua volta i processi di innovazione capitalistica non sono unilaterali imposizioni, ma sono il temporaneo risultato di spinte conflittuali e risposte capitalistiche, nuovi terreni di nuova ambivalenza. E' l'ambivalenza del lavoro stesso, considerato nei suoi differenti livelli di realtà: da una parte è accumulo di dominio, capitale e talora impoverimento di capacità, dall'altro è formazione di una potenza collettiva che, smettendo di produrre, può far crollare tutto, o può, risoggettivandosi, usare quella forza per qualcosa d'altro dai fini capitalistici. Ma questi ambivalenti processi, reali o potenziali, sono oggettivamente e soggettivamente dentro, non fuori dal sistema capitalistico.


State parlando di una questione di accesso alle risorse, di dimensione quantitativa di accesso alle risorse. Nel nostro piccolo spazio avevamo un numero ristretto di risorse e di ricchezza sociale da mettere insieme, mentre quando si parla di transnazionali o di grande capitale parliamo di risorse enormi, quindi la cosa di fondo è che parliamo di accesso alla ricchezza.


Non è un discorso esclusivamente quantitativo, dall'altra parte bisognerebbe capire di che ricchezza si sta parlando, a quale livello, per quali fini e metafini... Si pensi all'attuale dibattito sulla cosiddetta globalizzazione e più in generale sui processi capitalistici: c'è una divisione tra apocalittici e integrati. Da una parte c'è l'apologia dell'esistente, dello status quo, quindi l'idea progressista di una freccia della storia in cui quello che c'è adesso è comunque meglio di quello che c'era prima ed è un ulteriore passaggio verso la liberazione; dall'altra parte c'è il semplice rifiuto, come quello dell'integralismo verde e di tanti altri, della sola anti-globalizzazione, che già nella sua definizione esemplifica la propria non ambivalenza. Si rifiutano totalmente e unilateralmente le biotecnologie, lo sviluppo, anche l'industria: ma per che cosa? Per tornare a quello che c'era 500 anni fa? E inevitabilmente ci si trova a dire le stesse cose che dice il Papa e la Chiesa cattolica, con la differenza che questa le ha sempre sostenute... E dopo che la sinistra è stata universalista e (ideologicamente) globalista per tutta la sua storia, adesso improvvisamente diventa anti-globalista, sempre con la stessa mancanza di ambivalenza. La grande scommessa starebbe invece in una posizione ambivalente, quindi né l'apologia né il rifiuto precostituito. L'industria, ad esempio, non è un settore ma una trasversalità dell'agire lavorizzato umano, una maniera di sua organizzazione vitale per il sistema capitalista: di fronte ad essa si può scegliere solo tra rifiuto e apologia? E l'industrialità è solo ed esclusivamente questa? Quali sono in essa le ambivalenze dal medio raggio in giù? Come è possibile incidere sui metafini? Questi possono essere solo l'accumulazione di dominio e di capitale? E trasformando radicalmente questi, dal medio raggio in giù la situazione, i bisogni, i desideri, i comportamenti e i fini rimangono uguali?


Capisco benissimo quello che state dicendo, sono anche d'accordo con voi su questa cosa. La domanda quindi è, come andare oltre la contrapposizione tra apocalittici e integrati? Proponendo un piano? Proponendo un programma su come usare l'industria invece del modo in cui viene usata adesso? E quali voci includeremo in questo piano? O più concretamente, lo vogliamo il riso geneticamente modificato con la vitamina A? Sembra essere molto utile, no? E perché lo vogliamo? Perché la dieta di molti bambini è povera di vitamine. Perché? Perché ci sono dei bambini del Sud del mondo che non mangiano verdure? Ma allora perché non gli diamo la possibilità di mangiare verdure, che c'è anche la vitamina A? Vogliamo i pomodori geneticamente modificati perché così le donne del Kenya possono trasportarli sulla schiena in ore di marcia senza che questi si rovinino. Ma allora perché non diamo alle donne dei camion invece che pomodori che durano nel tempo?

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.