>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> C.L.R. James
(pag. 5)

> Autori anglosassoni
(pag. 6)

> Figure di riferimento per il dibattito oggi
(pag. 6)

> Empire
(pag. 8)

> Ambivalenze, dentro e contro
(pag. 12)

> Soggettività e controsoggettività
(pag. 14)

> Potere e posizione di potere
(pag. 16)
INTERVISTA A MASSIMO DE ANGELIS - 1 LUGLIO 2001


In questo senso, e questo è il terzo punto, mi sembra si debba lavorare ancora molto sulla definizione della categoria di "moltitudine". Da una parte, giustamente il concetto di moltitudine da l'idea di una complessa realtà' nella quale la soggettività è plurale. Dall'altra, non si studia a sufficienza come questa pluralità sia articolata al suo interno, come essa si esprima nei movimenti, e come sia proprio questa articolazione, e non la sovradeterminazione di questa o quella tipologia di soggettività, a costituire un percorso di emancipazione politica e sociale.
Da questo punto di vista, quarto, in "Empire" c'è assai poco riferimento ai movimenti reali di oggi. Qui mi sembra che il capitale sia ritratto come forza puramente oggettiva. L'unica soggettività che percepisco in questo libro è quella che ha spinto il capitale ad abbandonare il keynesianesimo dopo gli anni settanta. Giusto, ma dopo? Non si possono spiegare gli ultimi vent'anni senza un riferimento alle molte e variegate lotte che a livello mondiale si sono date. Non si può spiegare il progetto neoliberale senza i limiti che sono stati posti dai movimenti, prima in maniera frammentata e difensiva, e poi in forma sempre più articolata e costitutiva. Questo libro è stato pubblicato nel 2000, e purtroppo la sua percezione dei movimenti mi sembra essere molto mediatica. Sono i media che hanno improvvisamente scoperto il movimento no global capitalism nel 1999, a Seattle. Ma come spesso succede, quel movimento era la punta dell'iceberg di una realtà assai più complessa che si é andata a costituire con paziente lavoro di networking negli anni novanta.
Quinto. l'altro problema che ho con questo libro, è che c'è un rifiuto quasi totale dell'analisi economica. Lo dico io che sono un economista molto critico all'interno della mia professione, non credo nella divisione tra le discipline e sono il primo quindi a criticare l'analisi economica in quanto tale, il suo imperialismo nei confronti di altre discipline. Ma qualsiasi siano gli strumenti critici che ci diamo, e i punti di partenza del nostro orizzonte analitico, non si possono negare i processi reali di accumulazione, e il loro rapporto con strategie e le lotte, in tutte le loro forme. Bisogna comunque rapportarsi a una realtà sociale e umana che è anche tradotta in numeri, che è anche ritratta da tendenze. Questi indicatori e tendenze, vanno in qualche modo portarti all'interno del nostro schema teorico e capiti. Per esempio, che significato ha l'enorme crescere del capitale finanziario negli ultimi vent'anni? Ha un significato politico? Ha una funzione disciplinare? Che ruolo ha la liberalizzazione del commercio mondiale all'interno dello schema dell'"Empire"? Come si analizza il commercio mondiale? Semplicemente, che so, come flusso del desiderio? Non si può analizzarlo soltanto in questa maniera, bisogna analizzarlo in un modo che ci aiuti a capire come la forma attuale di capitalismo si collega al problema antico del capitalismo, quella dell'estrazione di lavoro, di una estrazione di lavoro che è inerentemente senza limiti.
Ed è qui che secondo me troviamo il problema principale dell'analisi di "Empire": l'assenza quasi completa del riferimento alla sostanza stessa del capitalismo, ossia l'imposizione del lavoro astratto. "Empire" è un concetto che va letto come progetto, non come realtà data. Se si fa questo, si riesce a capire che la sua base materiale è il progetto della fabbrica globale. Questa è articolazione produttiva e riproduttiva a livello mondiale di un meccanismo di estrazione del lavoro e allo stesso tempo disciplinare. Le forme del comando del lavoro in questo senso, vanno assai più in la che quelle illustrate dall'analisi del lavoro immateriale. Nella fabbrica globale, ci sono gerarchie produttive, poteri differenziati, aspirazioni frammentate. Nella fabbrica globale contemporanea, il fordismo è articolato con il post-fordismo e la schiavitù. Non c'è un soggetto, non c'è un operaio massa, né un lavoratore immateriale. Nella fabbrica globale la differenza tecno-socio-economica-culturale è risorsa centrale del mantenimento del comando sul lavoro. È questa differenza, dai contadini e programmatori di software indiani, agli immigrati illegali e lavoratori immateriali americani, che è allo stesso tempo il terreno di un percorso politico d'emancipazione. Come partire da questa differenza di bisogni e aspirazioni per costruire un mondo diverso?
Invece, nel libro di Hardt e Negri, si intravede l'idea che oggi il comando sul lavoro sia unicamente di tipo parassitario, cioè che il capitale non partecipi alla costituzione del lavoro in forme che siano compatibili alla sua accumulazione. Se il capitale ha unicamente una posizione di rendita, la specificità tecnico-sociale del lavoro immateriale starebbe nella sua forma essenzialmente cooperativa e, in alcuni tratti, perfino comunista. In questo senso, il processo di trasformazione politica sembra essere relativamente semplice. Dato il carattere parassitario del capitale, il lavoro immateriale non ha bisogno del capitale. Un bel giorno, il lavoratore immateriale prenderà le forbici e taglierà questo cordone ombelicale con i capitalisti, e il comunismo sarà fatto. Il problema del comunismo, di una società umana, diversa, dove vige il rispetto, la comunità, la solidarietà, la dignità e l'accesso diretto alle risorse sociali, è risolto da un meccanismo quasi automatico.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.