>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Formazione politica e culturale e percorsi successivi
(pag. 1)

> Gruppo Gramsci e attività sindacale
(pag. 4)

> Limiti e ricchezze
(pag. 9)
INTERVISTA A VALERIO CRUGNOLA - 5 FEBBRAIO 2000

Come invece è possibile consentire a sperimentazioni anche diverse di confrontarsi? Il discorso del sentirsi a casa può essere una buona metafora. Vado spesso al Leoncavallo e sto molto bene. Vale lo stesso discorso che ho fatto precedentemente per l'Africa: non ho nulla in comune con l'ideologia ufficiale dei leoncavallini, non andrei mai a fare scontri con la polizia, trovo miserabile pensare che l'antagonismo debba essere visto attraverso simboli, feticci e riti, è una cosa da gente che non ha nulla da dire, che ha finito di dire, perché solo chi è senza parola si riduce al feticcio dei simboli, prendendoli a prestito da forme di antagonismo di vent'anni fa morte, defunte, rinsecchire, autosuicide e autolesioniste. Non di meno mi sento a casa, perché comunque lì c'è gente che qualcosa cerca, che sfugge ad una certa dinamica sul piano esistenziale, etico, civile; c'è comunque una capacità, rispetto ad un ordinamento che né io né loro accettiamo, di essere alternativi (anche questa è una parola che non mi piace, la trovo estremamente insufficiente, usiamola per la solita convenzione linguistica). E' possibile ricomunicare su questo e magari anche portare esperienze che comunque sono vive e mobilitano a fare una maturazione, anziché continuare a scimmiottare modelli del passato? Io penso che il patrimonio degli anni '70 sia da rigettare in toto: la violenza come strumento di lotta politica, il feticismo dell'antagonismo, l'ideologismo, i miti. I baschi ad esempio non hanno niente da insegnarmi, sono perdenti, fanno errori megagalattici da trent'anni ed oggi adottano una logica puramente criminale: non hanno più senso in un contesto come questo e sono tra l'altro impotenti e suicidi rispetto anche al loro obiettivo di maggiore democratizzazione del mondo basco. Quindi con tutto questo facciamola finita, buttiamo a mare tutti questi ciarpami e rottami del passato, che sono invece quelli che magari seducono di più perché sono poi quelli che permettono, da un punto di vista identitario, di collocarsi. Quindi bisogna rompere la logica identitario-collocativa in una dimensione spaziale, perché non ci serve, ci impoverisce e non consente neanche comunicazione tra generazioni, tra sessi o tra culture diverse. Sai cosa se ne fanno gli immigrati se io imito certe pratiche del passato? Butto davanti all'altro una pietra di inciampo, opaca ed incomprensibile. Tutto questo non deve essere rimosso, perché altrimenti ritorna, ma deve essere portato alla luce come un inciampo forte, come una nevrosi collettiva che ha preso piede negli anni '70, della quale bisogna fare a meno. Il corredo estremistico è secco e vuoto; invece mi sembra che molte volte si finisca dentro a questa attualità, perché è più facile. Se non si hanno tanta voglia e strumenti per cercare e molti spazi di dialogo, si finisce per prendere la via più comoda, perché è già stata scavata da altri e lì c'è un'eredità che passa di bocca in bocca: l'imitazione è più facile dell'invenzione. Abbiamo invece bisogno di grande invenzione e di poca imitazione.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.