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> Una particolare esperienza di gruppo
(pag. 1)

> Composizione del gruppo
(pag. 6)

> Capacità e gerarchie
(pag. 8)

> Leader e masse
(pag. 9)

> Caratteristiche del gruppo e sincretismo antagonista
(pag. 12)
INTERVISTA A VALERIO CRUGNOLA - 26 APRILE 2000

Comunque, è l'esperienza di come una vita cambia a partire da un gesto di ribellione contingente, su cui non transigi perché, in qualche modo, quello è un simbolo di identità, del quale normalmente tu potresti benissimo fare a meno, ma in quel contesto tutto ciò assume in qualche misura un significato; non transigi e ti giochi una vita a partire da un gesto di per sé senza significato. Comunque, questo è un po' l'ordine del raccontarsi. Questa esperienza a Varese funziona abbastanza, le persone che compongono il gruppo ovviamente le ho raccolte tutte io, in quanto l'ho promossa, essendo io solo di Varese, pur essendo naturalmente molto legato a questa componente milanese.
Dunque, c'è in qualche misura l'idea di trapiantare l'esperienza al di fuori di questa matrice originaria, mantenendo una sorta di nucleo centrale, ma magari, dov'è possibile, spingere perché nascano delle altre esperienze. Non c'è un progetto di radicamento nel territorio o di estensione, nulla di tutto questo, e naturalmente neanche l'ambizione di offrire un modello da rendere pubblico, anche se c'è stata un'idea, che poi non è stata ripresa, in quanto magari siamo un po' inconcludenti a livello di decisioni, proprio perché nessuno si sente lì dentro in nessun modo abilitato a dirigere o a decidere, e questo è molto bello: è un luogo dove non ci sono le forme deteriori dell'incontrarsi nella politica, la competitività per un qualche potere, l'obbligo di decidere, la necessità di costruire una volontà in comune con la conseguente emarginazione di chi discorda, con i giochi per costruire alleanze o per distruggere alleanze alternative attorno ad un certo fine o proposito. Quindi, non c'è un capo, non c'è un segretario, e ciascuno, a turno, si assume semplicemente il ruolo di conduttore, che è come dire quello che fa il primo intervento, ma lì siamo tutti tra pari, tra uguali, salvo l'alternarsi dei ruoli all'interno; non ci sono neanche maitre-à-penser, dunque quello che è l'elemento sincretico è valorizzato al massimo grado, non c'è un'unità o una coesione da raggiungere, oppure una battaglia relativamente a un fare o alla conquista di pezzi di mondo o di potere. Questo naturalmente è molto bello perché è un'oasi di mondo rispetto a qualcosa che anche le politiche alternative non hanno saputo essere, anch'esse riflettono, seppure in un segno speculare diverso, le medesime competizioni: magari non lo fanno perché imitano il mondo capitalistico, ma perché magari ereditano le pratiche, come quelle dello stalinismo, del comunismo classico, che in verità erano modellate su questo tipo di logiche di potere, di potenza e di dominio. In questo senso siamo sicuramente più vicini per certi aspetti all'esperienza del femminismo, che però aveva un tasso di violenza interno molto alto: io naturalmente non l'ho vissuta, però, che io sappia, il livello di conflittualità tra le donne nel mondo femminista era molto alto, forse non sono autorizzato a parlarne, non c'ero per natura, per sesso, tuttavia da quel che so era così. Dentro di noi la sfera del competere non c'è, quindi, quello che secondo me è interessante è che non solo lì dentro in gioco non ci sono merci o rapporti che sono in qualche modo dominati dalle merci e dalle prassi che si strutturano intorno ad esse, dal fare in rapporto alle merci o ai simboli e agli strumenti di esse, come il potere, ma non ci sono neanche le logiche della competizione, quelle forme di violenza strisciante che è comunque sottintesa a competizioni di ordine simbolico. Il simbolo è tutto risolto nella sfera emotivo-affettiva e l'elemento simbolico ha a che fare con la comunicazione intersoggettiva, che in più è del tutto estranea alle merci perché riguarda beni che non possono essere oggetto di mercantilizzazione di alcun genere e tipo, anzi.

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