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> Una particolare esperienza di gruppo
(pag. 1)

> Composizione del gruppo
(pag. 6)

> Capacità e gerarchie
(pag. 8)

> Leader e masse
(pag. 9)

> Caratteristiche del gruppo e sincretismo antagonista
(pag. 12)
INTERVISTA A VALERIO CRUGNOLA - 26 APRILE 2000

Ovviamente, il fatto che c'è stata l'estensione territoriale e biografica implicava che non c'erano in origine quelle relazioni di tipo amicale, di conoscenza o di affettività che univano un po' a rete le diverse persone del primo gruppo. Allargandosi il gruppo e facendolo anche sulla base territoriale, il grado di frequentazione era chiaramente diverso, anche nel senso dei ritmi del lavoro: precedentemente, per anni noi siamo andati avanti incontrandoci una volta ogni due o tre settimane, o alla peggio una volta al mese, comunque con una certa frequenza. Per esempio, la mia narrazione autobiografica, così come tutte le altre, era durata cinque-sei incontri, il che voleva dire due, tre o quattro mesi di lavoro con incontri di due o tre ore, in cui parlavi a lungo a partire da quello che ti veniva, all'interno anche di tracce in qualche modo non preparate prima, con grande libertà. Alla fine di ciascuna di queste conversazioni c'erano interventi degli altri, i quali o riportavano delle testimonianze di sé, o degli echi della narrazione, o confrontavano l'esperienza di sé in rapporto a quella dell'altro: se si parlava, per fare un esempio, della madre, anche un altro interveniva su quello, oppure semplicemente riportava le proprie dissonanze o anche come questa narrazione o la persona del narrante erano state viste e ricevute. Quindi, il primo grosso cambiamento è questo, dal punto di vista delle strutture; in più, il cambiamento vero è che non c'è più l'idea di una narrazione complessiva. Quello che è stato tolto è questo: il gruppo originario faceva una narrazione autobiografica, in qualche modo tendenzialmente compatta e strutturale, a volte si poteva partire da un pretesto esteriore a questa strutturazione (come nel caso delle lettere di Van Gogh o del sogno), però la falsariga principale era quella di muoversi secondo l'indirizzo di una narrazione compatta, che aveva come centro focale il complesso dell'esperienza autobiografica. Nel secondo gruppo, invece, non c'è più un centro focale o direttivo, evidentemente viene più in luce una riflessione su un tema: ad esempio, Carlo ha riferito una volta il tema della malattia, un'altra volta quello della scrittura, io ho riferito il tema della saggezza ma anche quello del rapporto con il divenire adulto e il mantenere sentimenti nomadici, ho parlato del nomadismo come categoria esistenziale, connotato della mia esistenza, oppure altri hanno parlato del rapporto con il padre, Nicole sul raccontarsi al femminile. C'erano insomma tematiche varie, più concentrate e, però, nello stesso tempo più approfondite. C'è un'altra cosa importante da dire riferita a quello di cui parlavo prima. Nel primo gruppo c'era non solo l'omogeneità d'età, politica, dell'esperienza generazionale e del genere sessuale, ma c'era anche un'omogeneità di fondo per quello che riguardava le nostre culture. Come gente che si rincontra a 17 anni dal '68, eravamo tutti più o meno attraversati dalle esperienze dei marxismi critici e, in genere, dalle filosofie critiche, qualunque esse fossero o ammesso che continuassero ad esserlo, ad esempio anche la psicanalisi potrebbe essere pensata in qualche modo come una filosofia critica, tanto quanto la scuola di Francoforte. Comunque, eravamo tutti laici, ciò ci connotava filosoficamente; potevamo essere più illuministi, come potrei un pochino dirmi io, altri più compattamente marxisti, almeno per allora, come poteva essere (ma neanche tanto) Romano e magari qualcun altro. Oggi l'eterogeneità è molto più elevata, innanzitutto perché ci sono cattolici e non cattolici, e la presenza di cattolici cambia molto rispetto ad un rapporto con i laici; poi, l'eterogeneità passa attraverso ciascuno di noi in maniera molto più massiccia, perché ognuno ha largamente arricchito la propria dimensione di ricerca o di identità, e comunque siamo molto meno compatti nei centri focali. Nello stesso tempo questo ci ha anche differenziato molto, perché le ricerche di ciascuno sono magari andate in direzioni molto diverse: se io quindici anni fa parlavo con Romano potevo dire di avere in comune molto, oggi io ho letto delle cose che lui non segue e, viceversa, lui ha fatto e letto delle cose che io non ho seguito. Quindi, c'è un fronte di varietà che non è semplicemente riducibile, ma è una sfera di eterogeneità maggiore che compone ciascuno di noi, dunque il mosaico è infinitamente più ricco. In questo modo il dialogo non è solo interessante come relazione retrospettiva con sé, e questo è una grande differenza: mentre nel primo gruppo ci si ritrovava in questa sfera retrospettiva, di indagine su di sé andando indietro, partendo dal principio, qui invece si entra molto di più nel merito di noi stessi nel nostro stesso farci, e questo nel pieno della vita adulta, sia avendo vent'anni come Federica sia avendone 72 come Carlo, comunque essendo al di qua della soglia della definitività della vecchiezza, immaginata come quella condizione nella quale, purtroppo, niente più è in gioco (a questo livello si può naturalmente anche essere vecchi a trent'anni o a diciassette).

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