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> Una particolare esperienza di gruppo
(pag. 1)

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(pag. 6)

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(pag. 8)

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(pag. 9)

> Caratteristiche del gruppo e sincretismo antagonista
(pag. 12)
INTERVISTA A VALERIO CRUGNOLA - 26 APRILE 2000

Il problema, appunto, non è di non avere dei leader: se questi rispondono ad una qualità umana, politico-culturale o di rapporto reale con una società, quindi di rappresentatività reale, per me tutto questo non è negativo, magari contiene dei rischi ai quali bisogna pensare; invece, il notabile, in quanto figura che rappresenta un segmento di casta sociale o una fetta di consenso, costituisce un processo barbarico, non vedo una parola più morbida. Ciò, tra l'altro, annulla completamente la sfera della politicità come luogo libero di incontro tra soggetti complessi; questo è altrettanto importante, ossia che la politica non sia più la riduzione dei soggetti a dei soggetti astratti, a delle categorie generali (elettore, cittadino, operaio, medico, sindacalista), ma che, intanto, la politica sia più nominata, nel senso individuale: le ragioni di ciascuno devono essere più chiare, e non meno, o non ridotte a categorie universali. Tutto questo, secondo me, il '68, gli anni '70 e '80 l'hanno fatto emergere e non abbiamo dato risposta. A volte la ricerca dei centri sociali rappresenta un tema interessante, se non altro come ricerca di uno spazio, di un luogo che non è direttamente quello dell'impegno politico, ma nel quale ciascuno comunque va lì con tutta la sua soggettività. Però, non è una soluzione per le forme della politica, perché lì si fa un'esperienza nella sfera della socialità, non in quella della politica; quando la si trasloca dalla sfera della socialità a quella della politica si fa un salto, ci si appiccica un'etichetta e volontaristicamente si chiede a tutti quelli che condividono quello spazio di aderire anche a quel tipo di progetto politico. Per esempio, se i centri sociali partecipano in quanto tali ad una manifestazione contro i bombardamenti a Belgrado, secondo me fanno un salto di natura; non voglio dire che facciano bene o che facciano male, rispetto a quel contenuto o ad un altro, ma vanno fuori dalla loro ragione sociale, dal loro essere intrinseco. Snaturano dunque quel tipo di politicità che ha a che fare con la socialità, e tornano a chiedere a chi partecipa alla manifestazione sulla guerra in Kosovo di compiere un processo di astrazione, di riduzione anziché di espansione del soggetto. Quindi, mutano non solo in qualche modo se stessi, ricostruendo all'interno un funzionariato politico o comunque una gerarchia di caste di potere, ma agiscono su soggetti verso i quali non sono abilitati, e sarebbe bene che non lo fossero: fanno cioè un salto fuori dalle loro competenze e non sono poi capaci di svolgere più quella aggregazione. I centri sociali, in questo modo, vanno su un ambito in cui non sono abilitati, non hanno la titolarità per un'operazione di questo tipo, pur facendo magari anche cose giuste e lodevoli, non ho inteso discutere il rapporto contenutistico, ma il nesso strutturale e formale.

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