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INTERVISTA A GIOVANNI CONTINI - 7 SETTEMBRE 2001


In alcuni punti della tua analisi hai toccato il nodo della politica e delle carenze rispetto a un progetto politico che sapesse guardare al di là della contingenza tattica. Da questa ricerca verifichiamo come buona parte degli operaisti abbiano appiattito il nodo della politica e del politico sul problema dell'organizzazione e della forma-partito. Non c'è dunque stata, e non c'è oggi, un'attenzione alla politica intesa nel senso del progetto e di grandi obiettivi altri rispetto alla tradizione socialcomunista. Dunque, da una parte c'è un operaismo che rompe e va avanti attraverso una lettura socio-economica nuova di una fase connotata dall'entrata della capitalisticamente ritardata realtà italiana nel taylorismo-fordismo, e soprattutto attraverso l'individuazione dell'operaio-massa come figura non solo anticapitalista ma anche come figura che può rompere con il lavorismo, lo scientismo, lo sviluppismo di una tradizione formatasi sull'operaio di mestiere, da qui c'era poi il discorso della classe contro se stessa; dall'altra parte c'è un operaismo che torna indietro nell'incapacità di rielaborare un nuovo progetto politico, nuovi fini ed obiettivi.


Torna al leninismo.


C'è però un Lenin che ribalta questo discorso, ponendo prima i fini e gli obiettivi, poi i mezzi (ivi compresa l'organizzazione) per raggiungerli. Il leninismo di certe esperienze operaiste è stato l'organizzare il partito (partitino in quel caso) come la banca del 1910...


Sì, è vero. Io purtroppo poi nell'esperienza che ho fatto ero schierato con Piperno, che in Potere Operaio era il massimo assertore di questa necessità in fondo di costruire un partito leninista. C'era invece Sergio Bologna che faceva dei discorsi poco percepiti, forse poco capiti, sul fatto che non era questo che noi dovevamo fare, però poi alla fine non lo stava a sentire nessuno. Bologna ancora aveva una sua audience nel congresso di fondazione di Potere Operaio nel '69, ma negli anni successivi era un po' sparito. Lui aveva detto delle cose interessanti proprio riflettendo su cosa era la politica e su cosa non doveva essere, cioè sul fatto che non si doveva riprendere questo schema tra l'altro nella forma più vuota. Perché è vero che in Lenin poi il discorso è quello degli obiettivi, ma siccome noi non dovevamo prefigurare, e anche gli obiettivi sono una prefigurazione, allora c'era soltanto la forma-partito. Io ho questo ricordo stranissimo (perché poi ero un ragazzetto) di essere passato attraverso un momento di grande entusiasmo di fronte a queste lotte, il fatto di sentirsi all'interno di un processo che probabilmente era non per sempre, ma era una fase molto rivoluzionaria. Questo non si può negare, e se lo si è negato si è sbagliato, dimenticando il grado di violenza sociale che c'era in quegli anni e che partiva così, questo c'era davvero. Quando ero a Torino io ho visto più volte cortei spontanei che uscivano fuori anche da fabbrichette, quindi era una situazione particolare. Negare questa cosa o dimenticarsene significa fare della cattiva storia, né si può dire che erano fantasie degli operaisti che si erano inventati tutto: gli operaisti l'avevano pensato prima, poi questa cosa è successa, dopo non c'è stata nessuna capacità di trasferirla sul terreno politico, quando lo si è fatto lo si è fatto in un modo assolutamente vuoto, cosa che poi ha portato anche al terrorismo come esito normale. Se ci si pensa, avere una struttura politica vuol dire che essa fa delle cose, però nessun programma perché non bisogna prefigurare, dunque alla fine le uniche cose le puoi fare soltanto te: e allora cosa fai? Siccome siamo pochi e decisi facciamo le cose decisive, e quindi c'è stato tutto il casino che poi è successo. Ma prima della tragedia c'è stata anche la farsa degli organigrammi, delle battaglie interne, queste sono cose di cui veramente ho un pessimo ricordo. A Firenze si facevano della battaglie per il programma politico contrapposto al progetto politico, si era arrivati a questi nominalismi stucchevoli. Molti poi se ne sono andati, Sergio Bologna se ne è andato e la cosa si è notata perché era un personaggio già ben adulto e pensante, ma ce ne sono stati tantissimi altri che hanno attraversato Potere Operaio e se ne sono andati via. E' stata proprio un'occasione persa, anche se devo dire che era comunque difficile. Lotta Continua aveva fatto i mercatini rossi e le grandi campagne ideologiche che riecheggiavano in modo assolutamente palmare quelle fatte in tutt'altro contesto dal PCI negli anni '50, il "fanfascismo" pareva una riedizione delle cose contro il "generale peste".

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