>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> L'operaismo e la politica
(pag. 5)

> La questione della politica oggi
(pag. 6)

> Movimenti e progettualità
(pag. 7)

> I nodi aperti nel presente
(pag. 8)

> I "numi tutelari"
(pag. 9)
INTERVISTA A GIOVANNI CONTINI - 7 SETTEMBRE 2001


Ora non è che io voglia fare un discorso neopasoliniano, però paradossalmente noi senza rendercene conto, con la stessa nostra presenza davanti ai cancelli, provocavamo quegli eventi che credevamo di esserci limitati semplicemente a documentare, a socializzare, trasportando l'informazione: eravamo noi stessi che queste cose le provocavamo. Quindi, questo è un altro elemento di concretezza storica dei processi che noi invece avevamo fino a un certo punto.
Ora, cosa si potesse fare io non lo so, perché poi purtroppo quando si fa la storia di un periodo bisognerebbe sempre cercare di non introdurre degli elementi controfattuali; però, d'altra parte gli elementi controfattuali sono anche quelli che servono per giudicare. Certamente (e questo lo posso fare) se io oggi ritorno con il pensiero a quegli anni vedo e so che da un lato ci sono degli operai che hanno una loro fisionomia, molto variegata, dipendente dalle esperienze pregresse e dalla contingenza che li vedeva in una situazione di grossa crisi; dall'altra vedo questi gruppi, soprattutto i gruppi operaisti, in particolare Potere Operaio che è quello che conosco meglio (infatti io non ho fatto l'esperienza di Classe Operaia), che tutto sommato in quella situazione avevano un ruolo importante, per come eravamo pochi l'abbiamo avuto, veramente abbiamo dato delle informazioni, abbiamo suggerito delle parole d'ordine. Però, c'era questo rifiutarci sempre di porci il problema di raccogliere la cosa da un punto di vista organizzativo: questo credo che sia stato uno sbaglio grosso, un elemento di grande debolezza. Naturalmente tutto quello che dico si riferisce quasi esclusivamente alla fase torinese, che per me è stata molto breve, perché invece la situazione fiorentina era diversa: qui non c'erano emigranti, c'era una classe operaia (come quella della Galileo) che era praticamente il Partito Comunista a Firenze, anche la Pignone era più o meno la stessa cosa. C'era cioè uno spazio per certa sinistra sindacale e stop: noi potevamo poi illuderci di controllare la sinistra sindacale, ma francamente non è vero. Ora sto facendo delle interviste ai delegati sindacali di quegli anni e si vede che c'era una dialettica, però di un certo tipo. La rottura del rapporto sindacato-operai che nel Nord per diversi anni c'è stata, qui credo che si sia verificata soltanto nel '69, per poco tempo, poi si è subito richiusa e non si è verificata più. Qui infatti la storia di Potere Operaio è un po' una storia di combriccole in lotta per il potere interno poco interessante, anche se io ho fatto parte di queste cose. Successivamente in questa vicenda c'è la virata verso la lotta armata, però anche questa è una cosa che ha poco interesse, se non nella storia degli ammazzamenti successivi che non portano da nessuna parte. Alla Fiat (e questo lo dico con un'esperienza di storico più che di partecipante), per quello che mi hanno detto gli operai che intervistavo nell'81-'82, questa radicalizzazione fu deprimente per le lotte. Perché poi dentro le lotte alla Fiat c'era sempre stato un certo grado di violenza, i bulloni che volavano, i cortei armati che spazzavano i reparti (come si diceva allora); però, quando si passa da quelle cose lì alla gambizzazione dei capi e all uccisioni, e soprattutto quando vengono arrestati i primi brigatisti che sono gli stessi che lavorano con te, allora questo crea un cortocircuito molto negativo proprio per le compagini semispontanee di operai di diverse regioni che attraverso la militanza nel sindacato o di base hanno creato queste forme di consociazioni, questa sociabilità particolare che forse non c'era mai stata. Nessuno ci ha scritto nulla, non ce ne si è neanche accorti, non c'è stato nessun progetto politico che ci si sia minimamente legato a queste cose qua, mentre era una concretezza ricchissima: forse l'ha fatto il PCI, però solamente per raccogliere dei quadri, senza nessuna prospettiva che fosse legata anche alle cose che avevano fatto dentro la fabbrica, a questo tipo di lotte. Perché il Partito Comunista era, ancora di più di Lotta Continua, cieco dal punto di vista teorico ma veramente pieno di sonde tattiche che gli permettevano di capire tutto, con un'enorme struttura era una specie di superpolizia. I successi comunisti nel triangolo, e non solo, della metà degli anni '70 nascevano anche da queste cose, ma si tratta di un puro sfruttamento di qualcosa e non della capacità di partire da ciò per fare qualcos'altro; è il grande successo dei festival dell'Unità, che erano un po' quella cosa portata a un livello istituzionale. Su questa sociabilità era forse possibile costruire altro: qualcosina Lotta Continua cercava di fare, noi non l'abbiamo neanche vista, cioè noi ritenevamo che non era questo che ci interessava.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.