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INTERVISTA A GIOVANNI CONTINI - 7 SETTEMBRE 2001


Io invece mi ricordo che quando successe la vicenda dell'80, pensai che quella era la fine per un lungo periodo: infatti sono passati vent'anni, avevo ragione, l'ho anche scritto. Mi ricordo che c'era uno storico francese che si arrabbiò; io dissi che quella era una botta di quelle storiche, non è che dopo due anni sarebbe ripartito un ciclo di lotte alla Fiat. Ciò per tutta una serie di motivi, quelli che dicevo ora, poi anche per la strategia della Fiat, che non puntava più in quegli anni sulle assunzioni di massa ma sulla robotizzazione, le isole e via dicendo.
Io l'operaismo l'ho un po' abbandonato a metà degli anni '70, quindi non so bene quale sia stato l'itinerario successivo. Sono poi tornato su quegli argomenti come storico: rispetto alla concretezza che un'indagine empirica mi dava, mi colpiva invece l'astrattezza, almeno la mia. Ora io non so se posso parlare per l'operaismo, ma certamente per gli operaisti fiorentini sì, erano quelli che conoscevo meglio. C'era sempre questo ricorso alla classe in generale: certo, una generalizzazione è necessaria, però credo che sarebbe stata una cosa importante se noi avessimo avuto una maggiore articolazione e una maggiore capacità di renderci conto poi che tra l'idealtipo e la concretezza ci sono tutta una serie di passaggi intermedi. Tra l'altro, nella dialettica politica di quegli anni, Lotta Continua, che poi aveva come difetto una totale ignoranza e mancanza di teoria, proprio per questo quella realtà la riusciva a incontrare molto meglio. Poi riuscivano anche a capire bene chi erano realmente gli operai, ci andavano a mangiare insieme, ci andavano a letto insieme, c'era il famoso discorso sulle donne di Lotta Continua che seducevano gli operai: era vero, il risultato è poi Sofri e Marino, ma come lui facevano tutti. Facendo questo, però, nel breve periodo loro capivano subito, facevano un sacco di cose, organizzavano i mercatini rossi (che secondo me erano delle stupidaggini abominevoli), con questa specie di prefigurazione di un consumo alternativo: mi sembrava una tale stupidaggine, poi magari a pensarci non lo era neanche, chissà. Però, sicuramente loro erano meno astratti e ideologici di noi e quindi avevano più successo sull'aggregazione. Perché noi in fondo con gli operai non avevamo un rapporto molto diretto, ciò almeno per quanto riguarda la mia esperienza: sono stato alcuni mesi a Torino alla fine del '71, facevamo certo questi grandi volantini. Al nostro interno c'erano sicuramente Dalmaviva e gli altri che le cose le conoscevano molo meglio; quindi, io forse faccio parte del lato cretino, cioè della parte insurrezionalista che ha recuperato Lenin e tutte queste cose qua, ma che non ha realmente avuto un'esperienza degli operai per come sono realmente, di quali erano le cose che interessavano davvero gli operai. Infatti, noi siamo andati a Torino pensando che Dalmaviva non fosse abbastanza insurrezionalista: in realtà, ripensandoci oggi, loro erano veramente molto più dentro di noi, però sempre con questa astrattezza, per cui parlavano con alcuni quadri, poi vedevano tutta la Fiat come una specie di campo di battaglia dove bisognava bloccare qua e bloccare là. Ma poi la prospettiva, lo sbocco politico? Tutte queste cose erano sottovalutate. C'era il discorso che non si doveva prefigurare nulla, e va bene: però bisognerà pure che tu inventi un processo politico, non può esserci solo la lotta in fabbrica all'officina 14, avrai bisogno di creare delle forme di organizzazione. Tutto questo, secondo quello che ricordo, noi non lo prendevamo in considerazione, perché in fondo pensavamo che in questo modo si sarebbe evitato di fare come i bolscevichi, di calare sulla classe questa specie di corona di ferro del partito che la strangola. C'è ad esempio una cosa che mi ha colpito quando sono tornato alla Fiat e chiedevo agli operai: ma perché è partito questo ciclo di lotte? In quella fase volevo vedere i rapporti con le lotte contadine nel Sud, ancora non sapevo cosa queste erano veramente state, cosa che ora so, il grado di amnesia che c'era stato subito dopo, la velocità con cui tutto era stato stravolto da un lato con l'uccisione di massa dei sindacalisti, dall'altra con la riforma agraria voluta dalla DC e gestita dalla mafia. Questo non lo rifarei più, già verificai che non era così, ma comunque volevo che mi rispondessero in un certo modo e non lo fecero. Io però insistevo: ma perché nasce questo ciclo di lotte così importante? Allora veniva fuori l'emigrazione, il problema delle case, dei trasporti, tutti i problemi che c'erano in quel periodo. E poi mi dicevano: "ma poi c'erano un sacco di studenti che venivano davanti a Mirafiori, di fronte a tutte le porte era pieno di universitari, noi cafoni meridionali, poveri disgraziati che non erano andati a scuola vedevamo certe ragazze con le pellicce...".

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