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INTERVISTA A GUIDO BORIO - 27 OTTOBRE 2001


Anche le forme della militanza, le caratteristiche delle avanguardie di lotta interne, del tessuto e della rete organizzativa, delle relazioni e dell'uso operaio del sindacato o degli organismi spontanei che si formavano e si scioglievano erano particolari e specifici. La lotta operaia, lo scontro di classe alla Fiat é stato allo stesso tempo un punto di riferimento, anzi un epicentro trainante politicamente, ma anche una realtà conflittuale non esportabile e poco riproducibile altrove. Un momento molto mitizzato, ma poco colto nella sua specificità.
Ci fu in quegli anni una forma di presenza diffusa, sostenuta da piccoli gruppi o addirittura da singoli, che sicuramente si avvicinava al concetto di conricerca, anche se non né assunse il nome e rimase per lo più in una dimensione informale. Era un attività finalizzata all'intervento specifico che si fondava sulle necessità di approfondimento e di conoscenza per le lotte e l'attività politica. Era un modo di ricercare, riflettere politicamente e socialmente anche in qualche modo strutturato, proposto da compagni più anziani che si realizzava in ambiti tra i più disparati. Avveniva, per lo più, in alcuni ambiti, seminari o in gruppi di ricerca nelle università, soprattutto a Scienze Politiche e ad Architettura, dove insegnavano Alquati, Egidi, Guglietti, in alcuni ambiti bassi del sindacato e in alcune sedi politiche.
Anche i livelli redazionali di alcune riviste hanno contribuito a queste attività: penso alle inchieste sulle lotte operaie fatte dai primi numeri di Controinformazione. Devo dire che il giornale Rosso in quegli anni ha avuto una buona capacità di anticipazione, non é stato solo il megafono delle lotte, è stato anche uno strumento di analisi, in cui si facevano delle ipotesi e poi si verificavano queste letture delle tendenze sociali. Questi fogli avevano la capacità di proporre forme differenti di analisi della politica e della società: la ricchezza era data proprio dalla diversificazione dei contributi. La rivista Rosso è stata, a mio giudizio, un'esperienza molto diversa dal giornale Potere Operaio. Il tutto si è sviluppato con poca continuità, ma con significativi alti e bassi sia di partecipazione, sia di qualità di proposta.
Col tempo la mia collocazione nel contesto sociale e politico si è modificata: non mi collocavo più solo negli ambiti di base, ma partecipavo anche ad una dimensione intermedia di militanza politica, continuavo ad agire a Torino e in Piemonte, ma intervenivo anche in ambiti nazionali. Allora l'autonomia si raggruppava in una forma organizzativa che aveva molto la dimensione di una federazione di forze con una specificità, una peculiarità e un differente radicamento territoriale da zona a zona e da regione a regione. Questa nuova posizione intermedia richiedeva sicuramente capacità ed esperienza sproporzionate alla mia giovane e immatura formazione. Il coinvolgimento e l'impegno militante mi hanno portato però a incrementare la mia formazione politica molto rapidamente non solo come internità ad un dibattito politico nazionale, ma anche nelle dimensioni della militanza organizzativa. C'era una grande sproporzione tra le forze e le capacità che, individualmente e collettivamente, si riuscivano ad accumulare e le necessità che il conflitto politico richiedeva. Tuttavia, la carenza più grossa, che poi ha prodotto la sconfitta politica con le grandi dimensioni che anche oggi paghiamo, non va ricercata in questa divaricazione, ma nell'inadeguatezza progettuale.
Ora tutti ricordano molto la dimensione illegale e diciamo così nascosta dell'autonomia che indubbiamente era perseguita, ma questa non era quella predominante. La forza e la ricchezza di quell'esperienza, a mio giudizio, è consistita nella corposità della dimensione di massa, nelle forme aggregative dell'intervento politico, nelle energie destinate alla costruzione degli ambiti collettivi che miravano alla diffusione dei conflitti e delle lotte, nel segno sicuramente anticapitalista.
I limiti più importanti vanno cercati nel non essere stati capaci di potenziare la crescita del proprio progetto e di misurare questa costruzione con i tempi effettivamente necessari per lo sviluppo e l'estensione di un radicamento. Bisognava tenere conto delle aperture, delle chiusure e dei tempi dati dallo scontro tra le classi, dai rapporti di potere e di forza effettivi che si instauravano e che cambiavano tra esse, e non di quanto accelerava o determinava la pressione di altre forze politiche o di altre proposte organizzative. Mi riferisco da un lato al PCI ed ad altre forze istituzionali, e dall'altro alle tendenze militariste.

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