>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> I "numi tutelari"
(pag. 1)

> La questione della politica
(pag. 6)
INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 8 NOVEMBRE 2001


E allora la politica che cos'è? E' puro esercizio dell'agire amministrativo delle funzioni globali o tecniche? No, credo che sia l'esatto opposto, è il creare beni relazionali che aumentano la capacità dei soggetti di autorganizzarsi e autocostruirsi. Questa è la politica oggi.
Molto spesso noi studiamo, teorizziamo, raccontiamo ciò che prende corpo nella società, poi, però, quando questo lo vediamo trasferirsi in politica ci rifiutiamo di riconoscerlo. Al punto, a volte, di assumere posizioni elitarie, di disprezzo e condanna di quella parte della composizione sociale che ha votato per l'avversario. Beh, intanto propongo di ragionare in maniera fredda. Allora, partirei ricordando che in questi anni nell'elaborazione teorica di sinistra, partendo dalle riflessioni di Michel Foucault, noi abbiamo parlato, discusso, ci siamo confrontati intorno al tema della biopolitica: abbiamo detto che ormai i processi dell'economia e i processi sociali riguardano la nuda vita, intendendosi con questo il pensare, il sentire e il procreare degli individui; che questi processi erano riassunti ed esemplificati nell'avanzata di due fattori di potenza tecnico-economici: la new economy, variamente intesa, che investe la sfera della comunicazione, del sentire, del ricordare, del desiderare umani; l'ingegneria genetica che investe fondamentalmente il Dna e la biologia dell'uomo e del vivente. Pensiamo solo ai brevetti del genoma, del nostro Dna, allo sviluppo delle macchine intelligenti, alle biotecnologie, e abbiamo la misura di quanto la messa al lavoro del nostro pensare, sentire, ricordare, riprodursi, riguardi ormai la nostra nuda vita, il nostro corpo reale. Quando poi, invece, incontriamo la rappresentazione politica, sia pure banalizzata, di questi processi, il loro riflesso in politica, continuiamo a usare le vecchie categorie del Novecento. Ecco allora: da una parte gli interpreti del liberismo, dall'altra quelli della statualità; da una parte gli interpreti del libero mercato, dall'altra quelli delle regole; da una parte gli interpreti dello strapotere dei mezzi di comunicazione, dall'altra quelli che ne sono privi; da una parte gli onesti e dall'altra i disonesti. Durante l'ultima campagna elettorale, ad esempio, se ne sono dette a iosa. Io credo che il "berlusconismo" sia un sottoprodotto della biopolitica. Noi abbiamo spiegato questo fenomeno in termini di populismo, di neopopulismo: identificazione tra il popolo, entità indistinta, e il carisma del soggetto. Bene; poi abbiamo molto sorriso del Berlusconi che assumeva molteplici facce e molteplici ruoli perché per le categorie del '900, che ci dicono che un padrone è ciò che più di lontano c'è dall'operaio, è un'assurdità il Berlusconi-operaio. Ma a ben guardare cosa voleva fare Berlusconi dicendo: "Io sono un operaio, un artigiano, un commerciante, un industriale, una massaia, un giovane, un lavoratore autonomo"? Voleva far scattare un meccanismo di comunicazione diretta tra il soggetto e le figure della scomposizione sociale avvenuta. Parlare con le tante individualità accompagnandole e facendogli sentire che si è come loro. Questa mi pare una grande intuizione. E vorrei precisare che tutto questo prescinde dai mezzi di comunicazione. Qui non abbiamo a che fare con il Berlusconi delle tv; no, è nel messaggio, nel programma, nella cultura politica di Forza Italia che troviamo questi elementi. Dopodiché, è ovvio che la diffusione del messaggio biopolitico riuscirà più facile a uno che, nelle sue precedenti esperienze professionali, abbia interiorizzato fino in fondo il marketing, il marketing oriented, la comunicazione, la pubblicità, che sono tutti strumenti che poi permettono di raggiungere il segmento, il target. E' ovvio che una grande professionalità dell'agire comunicativo serve. Ma attenzione: c'è stata anche una grande capacità di esporre il proprio corpo e il proprio modello come simbolo. Mi pare emblematico che l'unico corpo che abbiamo visto esporsi, con cui sviluppare identificazione, è stato quello di Berlusconi. Mentre invece i corpi che attaccavano Berlusconi erano delle maschere, di comici spesso, facce, non so come dire, intermedie, non corpi contro corpo.
Siamo di fronte a fenomenologie del moderno, il che, fra l'altro, fa dell'Italia un laboratorio avanzato in cui si fanno avanti forme politiche dell'ipermodernità, con tutte le ambiguità e le ambivalenze che questo comporta, certo; ma tutt'altro che una repubblica delle banane! Del resto, già a proposito di altri fenomeni, come la Lega, o come il successo austriaco di Haider, che comunque hanno più a che fare con il neopopulismo, io ed altri abbiamo messo in guardia dal vedervi fenomenologie del passato che tristemente ritornano; erano e sono interpretazioni ipermoderne dei processi di spaesamento, sradicamento, distruzione delle appartenenze, di anomia...

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.