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INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 8 NOVEMBRE 2001


Se vogliamo schematizzare, la prima fase era quella della grande utopia, della fantasia al potere, della dimensione desiderante e del sentire che non era stata ancora contaminata dalla realtà fredda e metallica degli interessi da una parte (la classe operaia ecc.) e del potere dall'altra. Quando iniziano a entrare dentro queste due categorie, tipiche della sinistra tradizionale del '900, abbiamo la fase peggiore del movimento, i gruppi, le ideologie, gli scontri, i contrasti, gli spettegolezzi ecc. Ovviamente ciò viene anche acuito dal fatto che si entra in una fase di repressione in cui tutto è metallico. Le uscite sono state due: la deriva metallica fino in fondo, la lotta armata per essere chiari, e invece la deriva di riscoperta della persona, perché poi la differenza di genere nasce da lì così come la questione de "il personale è politico". Bisognerebbe fare il contrario di ciò che si fa con la grappa, di cui si taglia la testa e la coda e si tiene il cuore. Sarebbe necessario un processo di distilleria con questo discorso: tenere la testa e la coda e togliere il corpaccione intermedio, che ha dato il peggio di sé.
Qui cominciano a delinearsi più che i personaggi le correnti di pensiero che mi hanno dato molto: nella prima parte sono quelle libertarie o quelle che arrivavano alla forma-partito partendo dalla Rosa Luxemburg. Fondamentalmente io mi sono formato su questi due grandi filoni di riferimento, l'approccio al marxismo e alla forma-partito mediato dalle teorie luxemburghiane e spartachiste, e le forme desideranti che rimandavano all'utopia, all'anarchia ecc. Questo mi pare importante, mentre non sono mai stato un esegeta delle grandi dispute ideologiche tra marxisti-leninisti "linea rossa" e "linea nera", non mi hanno mai appassionato. L'altro grande filone è invece quello de "il personale è politico", della creatività, che è legato al primo però, sta sommerso dentro tutta questa fase e poi ritorna fuori. Quindi, se devo rispondere più concretamente, non ho mai avuto né maestri di pensiero né figure di accompagnamento, non ho mai sofferto del fascino della leadership, pur avendo frequentato dentro Controinformazione da Toni Negri ad Antonio Bellavita che l'ha diretta, oppure avendo conosciuto Sofri dentro Lotta Continua e via dicendo. Il vero problema, per sviluppare categorie di cui parlerò dopo, è che il male di questo movimento è quando al suo interno ha cominciato a venire avanti un primo popolo che ha parlato per il secondo. Il secondo popolo è la dimensione del movimento dell'utopia, desiderante, del personale; a un certo punto è invece apparso il primo popolo, questa élite intellettuale e di autonomia del politico che ha cominciato a parlare per il secondo, nel quale c'erano gli studenti e gli operai uniti nella lotta, tanto per capirci, perché il secondo popolo era questo. Dunque, quando ha cominciato a venire avanti un primo popolo che parlava per il secondo sono iniziate le sciagure, e il primo popolo ha portato il secondo alla sciagura. Se si fosse invece rimasti sulla composizione sociale del secondo popolo il problema avrebbe avuto una risoluzione. Da questa fase qui non mi porto dietro captale sociale e nemmeno valore di legame: sì, certo, c'è una solidarietà che rimane nella sconfitta, quella solidarietà elementare che tu hai con chi è stato carcerato come te, con chi è stato represso come te, quindi ti poni il problema di un'intera generazione ed è chiaro che senti più amico chi ha vissuto come te alcune vicende di questo genere. Ma da qui non credo di poter arrivare a dire che ciò ha alimentato in me un capitale sociale sul quale poi ho costruito la sopravvivenza per quegli anni e l'uscita, non ne ho questo ricordo. Tanto è vero che a tutt'oggi io frequento poco quella che era la dimensione di allora, pur essendo uno che probabilmente conosce quasi tutti: ho conosciuto Sofri in Lotta Continua, ho conosciuto tutto il dibattito dentro Potere Operaio, ho seguito il Gruppo Gramsci, Controinformazione, sono stato in carcere con alcuni di questi, quindi ovviamente ci sono reti di relazione, ma ben poco si è trattato di un capitale sociale alimentante. Questa è forse una posizione anomala rispetto a quelli che invece avevano la comunità di riferimento prima, per cui sono cresciuti dentro di essa, hanno fatto i gruppi, hanno fatto le leadership. Tanto è vero che io oggi mi sento come uno che ha avuto questa esperienza, essa mi ha segnato, sono solidale con chiunque l'abbia percorsa, ma non è stato il mio romanzo di formazione principale proprio perché mi hanno insegnato di più la prima e l'ultima fase, mentre della seconda ne sto facendo una rivisitazione critica. E' forte dare un giudizio di questo genere, ma mi pare che noi (e qui lo dico come entità collettiva) non abbiamo costruito un ceto, né un ceto politico, né un ceto culturale, né altro: abbiamo costruito tante individualità, tante professionalità, tante tecnicalità che si sono poi (come ho detto prima) disperse come molecole. Probabilmente, siccome era un movimento avvelenato dal potere, non avendolo conquistato ne ha pagato tutti i prezzi.

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