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INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 8 NOVEMBRE 2001


Si ritrovano percorsi di autovalorizzazione individuale, ognuno di noi li ha fatti e chi li nega sbaglia: chi facendo professione nell'informazione, chi nel mondo della ricerca, chi facendo professione accademica, o facendo autopromozione individuale. Ciò portandosi dietro tutti i rancori di quel modello senza che ce ne fossero più i fondamenti: probabilmente non c'erano nemmeno allora, vista a posteriori la disquisizione tra anarcospontaneisti, lottacontinuisti, operaisti, trotzkisti, marxisti-leninisti "linea nera" e "linea rossa", oggi può fare veramente sorridere. Il vero problema è che queste cose che possono far sorridere dal punto di vista del dogmatismo ideologico, sono poi invece quelle che hanno sedimentato meccanismi di pettegolezzo, rivalità, rancore. E' una generazione che non ha saputo produrre capitale sociale e percepirsi come generazione collettiva: ha perso in una dimensione di segmento, si è valorizzata in una prospettiva individuale e si percepisce certo come generazione complessiva, però non ha mantenuto quei legami che di solito si mantengono. Da quello che leggo spesso nella storiografia o nella letteratura, mi pare che anche la dimensione della Resistenza non fosse meglio, ciò senza voler fare nessun parallelismo politico: mi sembra che anche di quel grande patrimonio della Resistenza il problema fosse quello dei gruppi e dei gruppetti. Però, c'è una differenza fondamentale: la Resistenza ha vinto culturalmente, quindi dentro la retorica della vittoria tutto si è ricomposto, ed è poi andato a ricomporsi nella dimensione del parlamento, quindi gli scazzi tra i socialisti, i comunisti e via dicendo li abbiamo visti dispiegati sul piano politico; la nostra generazione, avendo perso, non ha mai potuto dispiegare tali problemi se non nel chiacchiericcio, oppure nelle ricostruzione che oggi fa Sette, il supplemento del Corriere della Sera, in cui lentamente vengono fuori i rancori, mentre io credo che bisogna proprio lasciar perdere queste cose. Quando avete iniziato questa conricerca vi avevo già detto che si tratta di un percorso delicato, proprio perché ci sono dietro cose che magari nessuno ha voglia di dire ma che invece sono lacerazioni soggettive, che rimandano a questo discorso del capitale sociale e dei beni relazionali. Intendo dire che poi la Resistenza dispiegandosi ha prodotto capitale sociale e beni relazionali, ha prodotto un'egemonia, ha prodotto una cultura, una retorica di riferimento, dentro la quale però si sono consolidate amicizie, reti di potere ecc., mentre qui mi pare di non vedere le grandi cordate. Emblematico da questo punto di vista sono alcuni grossi temi che sono rimasti aperti, importanti questioni su cui non si è mai fatta riflessione collettiva: state cercando di farla voi con la ricerca mettendo assieme le cose, ma è difficile perché era un movimento magmatico. Però, questa non produzione del capitale sociale e dei beni relazionali mi pare un problema importante, che non era secondario perché poi lo ritroviamo nell'analisi politica che si può fare dell'oggi. Ma soprattutto, proprio perché il valore di legame e il capitale sociale non erano punto di riferimento, tutto si pensava che fosse ascrivibile alla logica dei poteri: il problema era la leadership, l'egemonia, la conquista del palazzo d'inverno. Dunque, logica amico-nemico e conquista della punta della piramide, mentre non ci si occupava dei processi. Se uno analizza bene, ciò che portò alla crisi di quel movimento non fu costituito solo da elementi di sconfitta politica, di repressione tra amico-nemico, ma fu proprio la loro malattia dal punto di vista della crisi del soggetto e del personale. Nel movimento, nel magma, a un certo punto i temi della solidarietà, della persona, dei beni relazionali, del rapporto ecc., vengono posti attraverso due grandi fenomeni: il primo è la questione femminile, che pone quel contenuto di genere e della persona che la politica completamente negava. Si pensi a quanto ciò a un certo punto rompa questo discorso, sono le donne di sinistra a porre il problema, perché lì non c'era la risoluzione. La seconda grande questione, dopo aver citato le donne, è il dibattito successivo de "il personale è politico". Quando viene posto questo problema, il movimento comincia ad entrare in crisi perché la politica è tutta autonomia del politico, è tutta verso l'alto. Da una simile amarezza personale questo movimento è però stato in grado poi di produrre due grandi riflessioni drammatiche su ciò: la questione di genere e quella de "il personale è politico", i due grandi temi che sono quelli aperti. Se dovessi fare una valutazione storica, anche se non è mio compito, il giudizio complessivo è che questo magma ha prodotto molto nella sua fase nascente, pochissimo nella sua fase mediana e molto nella sua fase di decadenza e di fine.

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