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INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 8 NOVEMBRE 2001


Insomma, io credo che Berlusconi, il berlusconismo, si è posto con un grande messaggio biopolitico di identificazione con i singoli capitalisti personali, un messaggio di futuro. Un messaggio, ovviamente, dall'alto verso il basso, forte, pesante, direi opprimente, pericoloso. Ma a questo cosa si è contrapposto? Sui problemi, la sinistra si è posta come il difensore delle regole, il grande innovatore dall'alto e il soggetto della macroeconomia: l'Euro, il risanamento finanziario, le regole certe. Questo è stato il discorso: "Noi in 5 anni vi abbiamo portato in Europa, noi abbiamo risanato lo Stato"; macroeconomia. Tant'è vero, questo, che tutti i soggetti della macroeconomia, di destra o di sinistra, hanno attaccato Berlusconi ed erano giustamente per la sinistra. Ma l'Economist cos'è? E' semplicemente il portavoce dei grandi interessi della macroeconomia, finanziaria, degli apparati, delle regole. E qui, di nuovo, abbiamo visto la perfidia, dell'altro soggetto. Berlusconi non si è proposto come un attore della macroeconomia; ha detto: bene, questa è la modernizzazione dall'alto, ma c'è un problema di modernizzazione dal basso, di microeconomia che riguarda i tanti capitalisti personali di questo paese; bene, abbiamo risanato, ma attenzione che non basta avere solo l'Euro, bisogna avere anche banche efficienti che accompagnano sul territorio i tanti capitalisti personali; non bisogna solo avere le regole europee, bisogna avere anche strade, autostrade che permettono di commercializzare e produrre. Quando è andato alla lavagna per dire: "io farò queste cose", "collego Alba a Torino", parlava del passante di Mestre. Mentre noi eravamo tutti lì a guardare Santoro, i tanti capitalisti personali dicevano: "Ma sì, è vero che abbiamo avuto l'Euro, è vero che il denaro costa meno, però io ci metto due ore a fare Bergamo-Brescia e mi sono rotto i coglioni. E questo che cos'è se non di nuovo biopolitica? La vita del quotidiano sussunta dentro l'economico.
Un "io diviso" è la contraddizione. Faccio un esempio banale. L'io diviso è avere il portafoglio a destra e il cuore a sinistra. Era avere di fronte un capitalista personale che diceva: "Vi abbasserò le tasse, vivrete in una società che vi riconosce come capitalisti personali e, quindi, già solo per questo libererà la vostra energia"; quindi il portafoglio a destra. E dall'altra parte il cuore a sinistra che diceva: ma come? Il capitale ci porta a meccanismi di competizione con l'altro, a un individualismo sfrenato, mentre noi siamo persone che vogliono mantenere il valore di legame, la reciprocità, la socialità. Ma cosa significa questo se non che il conflitto è entrato dentro di noi, che il nostro io è diventato schizofrenico? Detto altrimenti: la società italiana si percepisce ed è, in parte, sufficientemente ricca e affluente, caratterizzata dal capitalismo personale, per affidarsi alla destra, o a Berlusconi, per un futuro possibile; ma, nello stesso tempo, insufficientemente coesa per essere governata dalla destra, nel senso che tutti i meccanismi di coesione sociale precedenti sono saltati, e se l'unico valore di legame è l'individualismo proprietario, beh, insomma, il problema resta aperto. Dunque, riparto dai ragionamenti di analisi fatti prima. Credo che bisogna fino in fondo partire dall'io diviso. Prendere atto che il capitalismo è entrato dentro l'antropologia del soggetto, che viviamo nella fase del capitalismo personale, in una società della moltitudine, di una dimensione di massa dove si sono completamente depotenziate le categorie di classe e dentro la quale ognuno è monade, nomade, multiattivo e dove la dimensione del lavoro invade tutta la nostra vita, salta la separazione tra tempo di vita e tempo di lavoro e la forma che prende il tempo del lavoro è as soon as possible, "il più presto possibile". In questa situazione come ricreiamo un valore di legame? In una situazione in cui i soggetti si sentono sempre più soli, vogliono più libertà, ma non sanno a chi trasmettere le proprie paure, credo si aprano grandi spazi all'autocostruzione, autorganizzazione dal basso, alla creazione di legami nuovi tra i soggetti, fondati su reciprocità, solidarietà, socialità. Oggi per "fare società" si può intanto ripartire dall'altra polarità dell'io diviso: dalla persona, dall'individuo che si contrappone alla spersonalizzazione delle relazioni umane.
Teniamo presente, comunque, che il messaggio biopolitico che abbiamo visto dispiegato dal berlusconismo è un messaggio, appunto, completamente calato dall'alto; è un soggetto che si pone col massimo di potenza, che si identifica col comune sentire, pensare, agire, con la voglia di "libertà" degli individui, chiedendo loro di affidarsi a lui in nome di un unico valore di riferimento, il capitalismo di mercato. Ma poi la libertà in senso sociale, la libertà di fare dei soggetti? Quale sarebbe la "base" di tali processi, che non potranno, immagino, essere solo volontaristici? Ma è proprio scavando nelle forme del lavoro individuale, in quelle che chiamiamo nuove professioni, che appare chiaro che sempre più per milioni di persone il trovare lavoro, il cambiare lavoro, il continuare a lavorare dipende dal 'capitale sociale' del soggetto.

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