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INTERVISTA A SERGIO BOLOGNA - 21 FEBBRAIO 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali figure di riferimento nell'ambito di questo percorso?


Si può cominciare dalla politica universitaria che praticai in particolare nei primi due anni di università. Provenendo da un tipo di formazione cattolica, stavo nell'Intesa, ma era proprio l'anno in cui ci fu una specie di ribaltone al suo interno e aveva vinto la corrente che propugnava l'unità d'azione con l'UGI, cioè con i laici, tra cui anche i comunisti. Ho aderito subito a questo tipo di corrente unitaria e i primi due anni li ho fatti insieme, laici e cattolici. Poi, siccome una cosa era la politica universitaria in quanto tale e altra erano le relazioni concrete di facoltà, quello più attivo nella mia facoltà (Lettere e Filosofia di Trieste) era un gruppo di comunisti e io ho lavorato sostanzialmente con loro, in maniera abbastanza integrata. Nel '56 c'è stato l'intervento sovietico in Ungheria e loro sono entrati tutti in crisi, per cui una parte se ne è uscita dal partito.
Ho smesso di seguire la politica universitaria quando sono venuto a Milano, qui era molto diversa la situazione, nel senso che c'era una struttura molto più pesante dell'UGI, interamente gestita dai comunisti, e quindi dalla FGCI, se non sbaglio erano Occhetto e altri che la gestivano. La presenza cattolica non me la ricordo, non si faceva notare, almeno nella facoltà di Lettere e Filosofia. Però, con questi qua non mi trovavo, anche perché era molto stretto il rapporto tra l'Unione Goliardica Italiana (con tutte le vicende che questa ebbe e che sono conosciute) ed il sistema dei partiti. Non mi trovavo a mio agio con questi comunisti della Milano-bene, non mi andava di iscrivermi al Partito Comunista, quindi a Milano ho sostanzialmente abbandonato la politica universitaria. C'è stato un anno-due di transizione, la mia famiglia non aveva mezzi e mantenermi a Milano era un problema, sicché io ero sempre a caccia di borse di studio (ne vinsi una appena arrivato) e di lavoretti precari, ma soprattutto volevo laurearmi nei tempi prescritti. Nell'inverno '58 vinsi una borsa di studio di sei mesi per la Germania, frequentai per un semestre l'Università di Mainz (Magonza) dove cominciai a preparare la tesi; appresi per bene il tedesco, visitai diverse città e in particolare Berlino. Il Muro non c'era ancora, ricordo l'impressione che mi fece Berlino Est, la parata del Primo Maggio del '59, si respirava ancora un'aria molto "popolare" e "democratica", la gente parlava liberamente. Quella permanenza in Germania segnò la mia vita per sempre. Tornato in Italia, ebbi un periodo di crisi, stavo quasi per abbandonare l'Università, tornai a rifugiarmi a Trieste. Poi nel '60 mi ripresi e ritornai a Milano, alla disperata, senza una lira, vivevo in una specie di antro di pochi metri quadri, lo spazio sufficiente per un materasso buttato sul pavimento, sopra il baretto della Statale in via Festa del Perdono; accanto c'erano due stanze senza servizi - il cesso era quello nel cortile del bar, da qualche parte doveva pure esserci un rubinetto per lavarsi - ci vivevano Carlo Gallone e suo fratello Chicco, il pittore; tramite Carlo, di origine triestina pure lui, ebbi i primi contatti con i compagni che prima dei Quaderni Rossi stavano facendo intervento nelle fabbriche, e ovviamente nel luglio '60 c'è stata una svolta. Si tratta insomma dei primi compagni, come Gasparotto di Milano o Emilio Soave di Torino, che sull'onda del luglio '60 ma anche un po' prima, avevano iniziato un rapporto con le fabbriche, e avevano fatto delle azioni di propaganda. Quindi, mi ero legato un po' a loro, poi alla fine del '60 o nel gennaio del '61 abbiamo messo in piedi una Comune, la "numero due", perché quella "numero uno" era stata messa in piedi da Giairo Daghini in via Sirtori con il gruppo di filosofi allievi di Enzo Paci che per circa dieci anni fu un punto di incontro e di riferimento; loro esistevano già da tre anni, noi abbiamo fatto la "Comune numero due". All'interno di questa Comune le cose poi sono andate molto rapidamente perché eravamo gli unici a Milano (o tra i pochi) che ospitavano tutti, quelli che facevano le lotte nel Terzo Mondo, c'era qualcuno illegale, qualcuno che scappava, servivano posti dove poterli far dormire, da noi la porta restava sempre aperta. Ci capitavano sfigati e personaggi importanti, come Castoriadis, o altri che lo sarebbero diventati, come Agostinho Neto. Nel '61 ho quindi cominciato a partecipare all'attività dei Quaderni Rossi, che è andata avanti per due anni.

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