E' capitato lì tutto il giro di Potere Operaio pisano, loro avevano messo in piedi il movimento studentesco torinese che faceva capo a Viale e in quattro e quattr'otto hanno preso in mano la situazione perché erano molti di più. Poi sono arrivati in massa i trentini. Quando finalmente Piperno e i romani de La Classe hanno deciso di muoversi e di venire su, appena arrivati hanno fatto subito l'alleanza con Sofri. A questo punto, visto che loro due hanno gestito tutta la parte successiva, io mi sono tirato da parte, limitandomi a "tenere" le porte di Rivalta assieme a Vesce e Pietrostefani. Poi le cose sono andate come sono andate, c'è stato corso Traiano, è stata una grande stagione di democrazia operaia diretta. Finita la stagione, il sindacato ha ripreso il controllo della situazione con l'autunno caldo, quando appunto c'è stata questa specie di serrata; insomma, quando sono ripartire le lotte dell'autunno caldo a maggior ragione noi eravamo fuori perché a quel punto erano fuori tutti, anche Lotta Continua.
Facendo un passo indietro, c'è da dire che l'altro lavoro importante che abbiamo fatto a Milano era quello con i CUB della Pirelli. Il CUB aveva due componenti, una che faceva riferimento a Mosca e l'altra che faceva riferimento a Raffaello De Mori, non andavano d'accordo tra di loro; De Mori, indebolito abbastanza da questi scontri interni, cercava alleati fuori, è venuto a cercarci e quindi abbiamo fatto insieme l'opuscolo "Lotte alla Pirelli", quello di Linea di Massa. Visto il successo, con i compagni studenti-lavoratori di Trento che erano tecnici alla Snam Progetti, abbiamo fatto un altro opuscolo. L'opuscolo alla Pirelli e in gran parte anche l'altro li ho scritti sui loro racconti. Questo è stato un periodo molto molto intenso, in cui ho svolto un ruolo indubbiamente abbastanza decisivo.
Quando quella fase si è chiusa e nel settembre del '69 abbiamo costruito Potere Operaio direi che era già una forzatura. In quel caso lì io ho sbagliato, come hanno sbagliato tanti altri, a voler forzare le cose, a voler forzare la costituzione del gruppo come un partito: ho scritto di nuovo l'editoriale del primo numero di Potere Operaio, quindi avevo un ruolo ancora di riferimento, però ricordando la cosa oggi ammetto che è stata una forzatura e da lì è nato un po' tutto il seguito di errori successivi. Ulteriore forzatura poi, dopo la strage di piazza Fontana, è stata quella di voler costituire un gruppo iperbolscevico, quindi c'è stata la prima segreteria di PO fatta da Toni, da Piperno e da me. Era il non voler ammettere che in realtà non avevamo molto dietro, quasi niente, eravamo ancora un gruppetto. In Classe Operaia eravamo quattro gatti ma avevamo una potenza intellettuale, che è deflagrata nel '68-'69, noi avevamo qualcosa da dire rispetto agli altri, avevamo una teoria. Nel '70 la nostra teoria l'avevamo già tutta spesa, contava tutto la forza organizzativa. Quando poi loro a mia insaputa hanno fatto una serie di scelte (la scelta del rapporto con Il Manifesto, la scelta del rapporto con Feltrinelli ecc. le avevano gestite sempre Toni e Piperno tagliandomi fuori), mi sono sentito un po' preso in giro e me ne sono andato: "o facciamo la segreteria in tre o se la volete fare solo voi due me ne vado". Me ne sono andato, anche perché non ero assolutamente d'accordo sullo stile con cui portavano avanti i rapporti con Feltrinelli e tutta questa roba vaga, nebulosa, mai esplicitata, sul passaggio a forme di lotta dura e magari violenta. Se dovevano tagliarmi fuori potevano dirmelo in una maniera più esplicita, "togliti dai piedi" e allora facevamo una battaglia politica; invece, ci furono delle manovre sottobanco, è stato un atteggiamento un po' antipatico. Chiaramente viste adesso sono cose su cui ci si ride, però credo che quelli più giovani l'hanno pagata cara perché non hanno avuto la possibilità di vedere un chiarimento pubblico: se ci fosse stato uno scontro pubblico tra me e loro in cui si diceva "io sono d'accordo su questo e io su quell'altro", mettevamo nero su bianco e i compagni giovani avevano qualcosa con cui confrontarsi. Invece è stata una cosa ambigua, io me ne sono andato senza fare nessun documento chiamiamolo di "uscita", per il solito discorso "la situazione è delicata, non creiamo difficoltà, se dico perché non sono d'accordo debbo mettere in piazza dei propositi che sono ancora nebulosi, con il rischio di far opera implicita di delazione". Però, secondo me, molti compagni dopo l'hanno pagata questa cosa; loro hanno potuto tranquillamente dire in giro che io m'ero allontanato temporaneamente per stanchezza ma ero sempre d'accordo, cosa che non era vera, mentre a me rimproverarono, anche negli anni successivi, di non essere stato chiaro. Quindi, perpetuare questa situazione di ambiguità e di poca chiarezza è stata una cosa che naturalmente mi ha danneggiato moltissimo, ha danneggiato loro e soprattutto ha danneggiato i compagni che non ci capivano niente. Questo è stato un mio errore grave.
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