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INTERVISTA A SERGIO BIANCHI - 15 OTTOBRE 2001


La componente studentesca c'era ma era quantitativamente minoritaria. Le scuole superiori erano concentrate a Varese. Como faceva provincia a sé, anche se territorialmente era molto vicina. Poi c'erano le cittadine di Saronno e Gallarate con la presenza di Istituti tecnici. A Tradate gli insediamenti scolastici delle media superiori sono arrivati dieci anni dopo, prima c'erano solo quelle inferiori. Lì c'era il soggetto della formazione di massa della scuola media inferiore: quindici anni e poi subito in fabbrica a lavorare. Si trattava perlopiù di figli degli immigrati degli anni '60, meridionali di seconda generazione, ed erano quelli che da bambini avevano vissuto in quei territori una condizione particolarmente difficile. Non tanto loro come ragazzi, perché la socializzazione scolastica avevano contribuito a stemperare e poi a estinguere tra autoctoni e immigrati meridionali quei fenomeni di razzismo esplicito che invece avevano subito i loro genitori. Però, è chiaro che quei ragazzini erano comunque stati testimoni di una condizione pesantissima di razzismo espresso dentro le relazioni sociali di quel territorio. Dunque, erano anche giovani particolarmente incazzati, perché avevano consapevolezza delle angherie subite da parte dei loro genitori, dei loro percorsi duri e faticosi di insediamento. Quindi si trattava di persone veramente determinate nello spaccare quella situazione, persone che sentivano un grado di nemicità rispetto la realtà istituzionale consolidata, il tipo di cultura ufficiale che esprimeva, insomma si trattava di persone predisposte a una grossa conflittualità. Tant'è che una buona parte dei fratelli maggiori di quei ragazzi che erano confluiti dentro le nostre strutture di lavoro politico e di movimento frequentavano o erano partecipi degli ambienti di una malavita spicciola e spontanea, non di quella organizzata, erano gruppi che esprimevano un'illegalità che negli anni '70 in quel territorio ha avuto una certa consistenza. C'era un pullulare di bande diffuse in ogni paese che si occupavano prevalentemente del procacciamento di denaro attraverso ladrocini vari e rapine. Molti ragazzi del nostro movimento erano i fratelli minori di costoro. Abbiamo anche avuto contrasti rispetto a quelle bande di malavitosi locali, perché il nostro agire di fatto prosciugava un indotto naturale che avrebbe alimentato questi circuiti, per cui sono nate anche delle tensioni. Però, proprio facilitati dal fatto che le relazioni erano anche di parentela, le abbiamo sapute gestire attraverso mediazioni che non sono mai sfociate in conflitto aperto, perché in ogni caso quei malavitosi ci vedevano non come alleati ma comunque come schierati con una critica esplicita agli assetti sociali ufficiali. Quindi ci individuavano come persone che comunque fuoriuscivano dalla norma, anche se ci vedevano ovviamente come dei pazzi che perdevano tempo a fare un casino sociale insensato, dato che la loro unica preoccupazione era semplicemente quella di recuperare denaro da consumare senza passare per l'obbligo di un destino operaio. A loro sembrava assurdo non imboccare una scorciatoia che si dimostrava più veloce e appagante.


Qual era il rapporto tra metropoli e progetto metropolitano e una situazione territoriale e di provincia come la vostra?

È stato un rapporto piuttosto anomalo, già per quanto riguardava le relazioni tra i paesi e le cittadine di provincia. Per esempio, la distanza geografica esistente tra la nostra area territoriale sia a Como che a Varese era uguale. Eppure, per una serie di questioni urbanistiche e viarie, erano due rapporti completamente separati, proprio dal punto di vista della socialità, delle relazioni, degli scambi. A Como c'era una presenza di Potere operaio, a Varese invece quella presenza era pressoché nulla. Non c'è mai stato un grande rapporto tra Como e Varese dal punto di vista politico. A Varese, una città molto ricca, tradizionalmente di destra, c'era comunque una forte presenza studentesca di orientamento extraparlamentare e anche una presenza operaia extrasindacale, in un paese limitrofo al capoluogo era insediata la grande concentrazione della Ire-Ignis. Per alcuni anni c'è stata una considerevole iniziativa da parte dei Collettivi Politici Operai, le strutture di intervento legate al Gruppo Gramsci. Poi però è successa una cosa curiosa. Formalmente il Gruppo Gramsci, dal punto di vista dell'indicazione della sua direzione politica, si è sciolto dentro l'area dell'Autonomia, ma a Varese una sua componente militante ha invece dato vita a Lotta Continua, che prima non c'era.

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