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INTERVISTA A SERGIO BIANCHI - 15 OTTOBRE 2001


Tutte queste cose, guarda caso, si innestano sempre in un momento in cui c'è lo smarrimento e la perdita del rapporto con i processi materiali di liberazione, e, guarda caso, danno sempre vita a una fase di autoesaltazione davanti al disastro, per cui vivono il fuoco d'artificio e poi l'esito è quello della devastazione psichica e fisica. Si lacera infatti il tessuto che è stato costruito, le relazioni sociali saltano, si disgrega tutto e poi ci si ritrova a curare i feriti dal malessere psichico, che sono peggio dei feriti fisici, perché comportano danni maggiori, come comunità ci si deve far carico di gente che sta male, ed è veramente pesante, è una cosa che distrugge qualsiasi ipotesi di lavoro politico. Se hai duecento persone che stanno male o cinicamente le abbandoni, o devi rivolgere tutte le energie che hai all'autocura.
È un po' la situazione che si è venuta a creare nel nostro territorio, dove alcune persone hanno rivolto gli ultimi dieci anni della loro esistenza a questi temi. Una sorta di avvitamento attorno al problema irrisolto del malessere che ha distrutto l'appartenenza a quella comunità. L'autocommiserazione sul fatto che quell'esperienza è finita nel disagio è insopportabile. Perché equivale a non rendersi conto che una classe intera è stata attaccata e distrutta, nel suo protagonismo, nel suo irradiare potere sulla società. Non c'è attenzione sul ragionare del perché è andata così per evitare che un domani si ripeta l'errore, c'è solo un autoconsolarsi attorno al fatto che la gente sta male, allora l'unica cosa diventa il costruire le situazioni per curarsi psicologicamente, fare un pochino di vita sana ecc.


C'è una differenza fondamentale tra i territori di provincia e le dimensioni metropolitane, e riguarda le diverse forme in cui si esprime il radicamento. Nelle situazioni territoriali c'è solitamente un legame più stretto tra radicamento sociale e radicamento nella lotta, quindi con la proposta che viene portata avanti, il che dà continuità ad un'esperienza non solo attraverso il discorso della mediazione, quanto praticando molto di più una presenza costante e quotidiana. Nelle realtà metropolitane, invece, il progetto politico, per estensione del territorio, delle situazioni produttive, sociali ecc., salta maggiormente. Per esempio, l'esperienza milanese della costruzione di Rosso è consistita nell'insistere sempre su una dimensione e una campagna differente, rincorrendo quello che emergeva: alcune volte si è trattato di un'anticipazione di breve periodo in grado di cogliere elementi di tendenza che c'erano effettivamente, molte altre, però, è stata incapace di sedimentare una presenza reale che configurasse un costante processo di evoluzione. Nei territori di provincia quello che aveva un senso era la continuità di presenza, che si costruiva in anni di radicamento, nell'essere lì quotidianamente. In situazioni simili non si poteva non avere i piedi per terra, perché una divaricazione tra quello che si proponeva e quella che era la realtà veniva immediatamente all'occhio come qualcosa di impraticabile. Nelle metropoli, invece, si poteva giocare su un discorso di massificazione della potenza: laddove, per esempio, le fasce di intervento in provincia erano una certa fabbrica perché c'era quella, una determinata condizione del proletariato giovanile che numericamente era quello, nella metropoli la situazione era completamente diversa, perché si poteva bruciare interamente una situazione e ripresentare lo stesso progetto due mesi dopo in un altro quartiere, in un'altra fabbrica, in un'altra scuola. Nei territori provinciali si aveva una verifica dell'intervento e del progetto, nei territori metropolitani no.

Sono assolutamente d'accordo. Nei territori provinciali accade ciò che fai accadere tu. Nella metropoli, invece, hai la sensazione che qualcosa può accadere indipendentemente da te, dentro la quale poi ti ci puoi infilare con le cose che dici, che fai. Nel territorio provinciale si ha l'idea che la questione sia inanellata giorno per giorno su quello che specificatamente fai tu, e hai la sensazione che l'andare avanti, fermarti e tornare indietro è condizione di una militanza che è come una goccia che cade sul sasso, tutti i giorni. Quindi, il problema è quello di una presenza costante, quotidiana, e ogni conquista è il prodotto della tua soggettività che l'ha conquistata. L'esperienza della militanza di paese è qualcosa che forgia una soggettività molto più temprata e dura, senz'altro.

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