>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
(pag. 1)

> Spontaneismo e organizzativismo
(pag. 8)

> Lenin e il leninismo
(pag. 9)

> General intellect, gerarchia professionale e gerarchia politica
(pag. 10)

> Ambivalenza dell'innovazione capitalistica
(pag. 11)
INTERVISTA A FRANCO "BIFO" BERARDI - 19 NOVEMBRE 2000
Scarica
l'intervista
in doc


Scarica
l'intervista
in rtf


Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali figure di riferimento nell'ambito di tale percorso?


Io mi sono iscritto alla FGCI a quattordici anni. Se dovessi dire qual è l'alternativa che negli anni '60 (in particolare nel '64, quando appunto mi sono iscritto alla FGCI) si presentava più immediatamente a un ragazzino che facesse politica era già quella tra un'impostazione di tipo tradizionale stalinista e un'impostazione di tipo libertario, che poi poteva avere mille caratterizzazioni, anche quella maoista. Nel mio caso io direi che l'elemento di più immediata identificazione è stato quello del rifiuto, di una specie di fastidio per lo stalinismo interno al Movimento Operaio. Insomma, per farla breve, sono stato espulso dalla Federazione Giovanile Comunista Italiana nel '67, quindi dopo due anni e mezzo di militanza all'interno di quel partito. Sono stato espulso perché avevo distribuito un volantino che finiva con le parole "osare pensare, osare parlare, osare agire, osare fare la rivoluzione", che era uno degli slogan della rivoluzione culturale. Quindi, la rivoluzione culturale è stata subito molto al centro di tutta la questione, dei miei interessi o decisamente delle mie mitologie in quel periodo. Mia sorella era ad esempio iscritta all'Unione Marxisti-Leninisti, quindi quel tipo di immaginario da guardie rosse nella mia adolescenza è stato molto presente. Ciò anche se io non sono mai stato maoista, sentivo la rivoluzione culturale come il processo probabilmente più attraente, più interessante, più complicato ma non sono mai stato maoista. Dire oggi non sono mai stato maoista rischia di essere una frase che non significa niente, mentre riferita agli anni '60 è differente: il maoismo condensava una quantità di cose che appartenevano molto di più alla mitologia subculturale che all'identità politica, è come dire mi piace di più Michael Jackson o Madonna, con rispetto parlando. Nel senso che nessuno era in grado allora, e probabilmente nessuno è in grado neanche oggi, di dare una valutazione storica su quello che è stato il maoismo, che forse è stata la cosa più importante del XX secolo: questo proprio perché si è trattato neanche di una linea politica, ma di una modalità culturale estremamente ampia. Per cui il maoismo è stato buono e cattivo, violento e non violento, autoritario e libertario, tutto e il contrario di tutto. Comunque, nella rottura con il PCI per me questo passaggio è stato importante. Poi negli stessi anni, per la precisione nel '66, io ho anche cominciato a lavorare con la redazione emiliana di Classe Operaia, cioè con Potere Operaio che si stava formando in Emilia. Per la precisione durante il contratto dei metalmeccanici del '66 ho cominciato a lavorare con altre tre persone che costituivano in quel momento il nucleo di intervento operaio: facevamo intervento in alcune fabbriche di Borgo Panigale, alla Sabiem, alla Calzoni. Nel '67 ho cominciato a fare intervento da solo in una fabbrica che stava vicino a casa mia e che si chiamava Ico, produceva siringhe. Il periodo tra il '67 e il '68 era naturalmente anche l'anno degli studenti, quindi ho partecipato a tutta quella vicenda in modo molto intensivo, però il mio impegno più specifico era alla Ico; soprattutto all'ora di pranzo, ritornando dall'università a casa dei miei dove andavo a mangiare la pappa, mi fermavo alla Ico, diciamo da mezzogiorno e mezzo alle due, facevo un'oretta lì a chiacchierare, e per un anno era l'appuntamento quotidiano con questa fabbrica. Era una fabbrica con degli aspetti interessanti, perché si trattava di un settore che si chiamavano i vetrai di seconda lavorazione, c'erano 450 operai, prevalentemente operaie, condizioni di assoluta non sindacalizzazione, con anche condizioni salariali e di lavoro pesanti, alcuni facevano delle lavorazioni con il cobalto ad altissima nocività. Insomma, non era la situazione classica, aveva dei caratteri abbastanza da situazione di sottosviluppo. Alla fine di questo anno di intervento ero diventato amico di tre o quattro operai con i quali avevamo costituito il Comitato di Base della Ico, all'inizio si chiamava così poi lo avevamo chiamato Comitato Operaio. Mi pare nell'ottobre-novembre del '68 (già nel pieno del movimento degli studenti, infatti diciamo che poi la presenza degli studenti ha finito per diventare l'elemento che ha dato la spintarella finale a questo processo di organizzazione), abbiamo organizzato uno sciopero autonomo: era l'autunno del '68, quindi rispetto al tessuto bolognese era una cosa assolutamente eccezionale.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.